Mine vaganti

Posted by on January 16, 2024

PROSA Venerdì 19, sabato 20 gennaio ore 21 – domenica 21 gennaio ore 16 Nuovo Teatro diretto da Marco Balsamo in co-produzione con Fondazione Teatro della Toscana FRANCESCO PANNOFINO LOREDANA CANNATA ERIK TONELLI CARMINE RECANO Mine vaganti uno spettacolo di Ferzan Ozpetek Roberta Astuti, Gianna Coletti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Jacopo Sorbini, Sergio

PROSA

Venerdì 19, sabato 20 gennaio ore 21 – domenica 21 gennaio ore 16

Nuovo Teatro diretto da Marco Balsamo in co-produzione con Fondazione Teatro della Toscana
FRANCESCO PANNOFINO LOREDANA CANNATA
ERIK TONELLI CARMINE RECANO

Mine vaganti
uno spettacolo di Ferzan Ozpetek

Roberta Astuti, Gianna Coletti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Jacopo Sorbini, Sergio Toscano

scene Luigi Ferrigno – costumi Alessandro Lai – luci Pasquale Mari

Con MINE VAGANTI, in scena al Teatro Diego Fabbri di Forlì venerdì 19 e sabato 20 gennaio alle ore 21 e domenica 21 gennaio alle ore 16, Ferzan Ozpetek firma la sua prima regia teatrale, mettendo in scena l’adattamento di uno dei suoi capolavori cinematografici, vincitore di 2 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 4 Globi d’Oro, oltre al Premio Speciale della Giuria al Tribeca Film Festival di New York e al Ciak d’Oro come Miglior film.
Protagonisti dell’adattamento teatrale sono Francesco Pannofino, Loredana Cannata, Erik Tonelli, Carmine Recano, affiancati da Roberta Astuti, Gianna Coletti, Sarah Falanga, Mimma Lovoi, Francesco Maggi, Jacopo Sorbini e Sergio Toscano.
Gli Artisti, come consuetudine, incontreranno il pubblico al Ridotto del Teatro sabato 20 gennaio alle ore 18. L’Incontro, condotto e moderato da Pietro Caruso, è a ingresso gratuito.

Note di regia
Come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate sul palcoscenico?
Questa è stata la prima domanda che mi sono posto, e che mi ha portato un po’ di ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine vaganti.
La prima volta che raccontai la storia al produttore cinematografico Domenico Procacci, lui rimase molto colpito, aggiungendo entusiasta che sarebbe potuta diventare anche un ottimo testo teatrale.
Poco dopo avviammo il progetto del film e chiamammo Ivan Cotroneo a collaborare alla sceneggiatura. Oggi, dietro invito di Marco Balsamo, quella prospettiva si realizza con un cast corale e un impianto che lascia intatto lo spirito della pellicola. Certo, ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento. L’ambientazione pure cambia. Ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo.
Rimane la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli.
Tutto precipita quando uno dei due si dichiara omosessuale, battendo sul tempo il minore tornato da Roma proprio per aprirsi ai suoi cari e vivere nella verità. Racconto storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi ad un cambiamento sociale ormai irreversibile.

La parte del pater familias è emblematica, oltre che drammatica e ironica allo stesso tempo.
Le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole; i tre amici gay sono diventati due e ho integrato le parti con uno spettacolino per poter marcare, facendone perfino una caricatura, quelle loro caratteristiche che prima arrivavano alla gente secondo le modalità mediate dallo schermo. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione forte, travolgente. A questo proposito, ho tratto spunto da personali esperienze. A teatro non ci si dovrebbe mai annoiare. Sono partito da questo per evitare che lo spettacolo fosse lento. Ho optato per un ritmo continuo, che non si ferma, anche
durante il cambio delle scene. Qui c’è il merito di Luigi Ferrigno che si è inventato un gioco di movimenti con i tendaggi; anche le luci di Pasquale Mari fanno la loro parte, lo stesso per i costumi di Alessandro Lai, colorati e sgargianti. Ho realizzato una commedia che mi farebbe piacere andare a vedere a teatro, dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori, che spesso recitano in platea come se fossero nella piazza del paese e verso cui guardano quando parlano. La La piazza/pubblico è il cuore pulsante che scandisce i battiti della pièce.

(Ferzan Ozpetek)

Teatro Ebe Stignani Imola

dal 9 al 13 febbraio 2022
Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana

presentano
Mine vaganti
Uno spettacolo di Ferzan Ozpetek

Ferzan Ozpetek firma la sua prima regia teatrale portando sul palco uno dei suoi capolavori cinematografici

con Francesco Pannofino, Iaia Forte, Erasmo Genzini, Carmine Recano e con Simona Marchini

durata 1 ora e 50 minuti

Mine vaganti
note di regia

Come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate sul palcoscenico?
Questa è stata la prima domanda che mi sono posto, e che mi ha portato un po’ di ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine vaganti. La prima volta che raccontai la storia al produttore cinematografico Domenico Procacci, lui rimase molto colpito aggiungendo entusiasta che sarebbe potuta diventare anche un ottimo testo teatrale. Poco dopo avviammo il progetto del film e chiamammo Ivan Cotroneo a collaborare alla sceneggiatura.
Oggi, dietro invito di Marco Balsamo, quella prospettiva si realizza con un cast corale e un impianto che lascia intatto lo spirito della pellicola.
Certo, ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento.
L’ambientazione pure cambia. Ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo. Rimane la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli. Tutto precipita quando uno dei due si dichiara omosessuale, battendo sul tempo il minore tornato da Roma proprio per aprirsi ai suoi cari e vivere nella verità.
Racconto storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi ad un cambiamento sociale ormai irreversibile. Qui la parte del pater familias è emblematica, oltre che drammatica e ironica allo stesso tempo.
Le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole; i tre amici gay sono diventati due e ho integrato le parti con uno spettacolino per poter marcare, facendone perfino una caricatura, quelle loro caratteristiche che prima arrivavano alla gente secondo le modalità mediate dallo schermo. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione forte, travolgente. A questo proposito, ho tratto spunto da personali esperienze.
A teatro non ci si dovrebbe mai annoiare. Sono partito da questo per evitare che lo spettacolo fosse lento. Ho optato per un ritmo continuo, che non si ferma, anche durante il cambio delle scene. Qui c’è il merito di Luigi Ferrigno che si è inventato un gioco di movimenti con i tendaggi; anche le luci di Pasquale Mari fanno la loro parte, lo stesso per i costumi di Alessandro Lai, colorati e sgargianti.
Ho realizzato una commedia che mi farebbe piacere andare a vedere a teatro, dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori, che spesso recitano in platea come se fossero nella piazza del paese e verso cui guardano quando parlano. La piazza/pubblico è il cuore pulsante che scandisce i battiti della pièce.

Ferzan Ozpetek

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