La clemenza di Tito

Posted by on April 21, 2021

https://metoperafree.brightcove-services.com/?videoId=6248678375001 https://metoperafree.brightcove.services/?videoId=6160890701001 Met 2012 CONDUCTOR Harry Bicket REGIA Jean-Pierre Ponnelle SET AND COSTUME DESIGNER Jean-Pierre Ponnelle LIGHTING DESIGNER Gil Wechsler STAGE DIRECTOR Peter McClintock Vitellia, daughter of the Emperor Vitellius Barbara Frittoli Sesto, Tito’s friend, in love with Vitellia Elına Garanca Annio, Sesto’s friend, in love with Servilia Kate Lindsey Tito, Emperor of Rome Giuseppe

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Met 2012

CONDUCTOR
Harry Bicket

REGIA
Jean-Pierre Ponnelle

SET AND COSTUME DESIGNER
Jean-Pierre Ponnelle

LIGHTING DESIGNER
Gil Wechsler

STAGE DIRECTOR
Peter McClintock

Vitellia, daughter of the Emperor Vitellius
Barbara Frittoli

Sesto, Tito’s friend, in love with Vitellia
Elına Garanca

Annio, Sesto’s friend, in love with Servilia
Kate Lindsey

Tito, Emperor of Rome
Giuseppe Filianoti

Servilia, Sesto’s sister, in love with Annio
Lucy Crowe

Publio, advisor to Tito
Oren Gradus

Berenice, daughter of Herod Agrippa of Judea
Toni Rubio

Harpsichord Continuo
Bradley Brookshire

Clarinet Soloist
Anthony McGill

Basset Horn Soloist
James Ognibene

Cello Continuo
David Heiss

June 2020

8
Mozart’s La Clemenza di Tito
Transmitted live on December 1, 2012

 9
Tchaikovsky’s Iolanta / Bartók’s Bluebeard’s Castle
Transmitted live on February 14, 2015

 10
Humperdinck’s Hansel and Gretel
Transmitted live on January 1, 2008

 11
John Corigliano’s The Ghosts of Versailles
Transmitted live on January 10, 1992

Friday June 12 – Saturday, June 13
At-Home Gala Encore Presentation
Transmitted live on April 25, 2020

 14
Handel’s Rodelinda
Transmitted live on December 3, 2011

Sir Colin Davis (conductor)
David McVicar (regia)
Gregory Kunde (Titus)
Carmen Giannattasio (Vitellia)
Sarah Connolly (Sesto)
Anna Stephany (Annio)
Amel Brahim Djelloul (Servilia)
Darren Jeffery (Publio)

Estonian Philharmonic Chamber Choir, London Symphony Orchestra
Recorded in 2011 at the Festival d’Aix-en-Provence

2 thoughts on “La clemenza di Tito

  1. “La clemenza di Tito” nel gioco del perdono e dei fin troppo buoni sentimenti.

    Il tema del perdono e dei sentimenti fin troppo buoni sono l’elemento-chiave della “Clemenza di Tito”, opera mozartiana contrastata, se non addirittura denigrata dalla corte viennese di quel tempo, sprezzante nel suo giudizio impietoso, anche se il successo internazionale decretato a Londra ne fece la prima opera del salisburghese andata in scena nel lontano 1806. Un’opera musicata da uno stuolo impressionante di compositori, fra cui uno dei più autorevoli maestri del ‘700 come Caldara, e dove molti altri autori affondarono le mani da Hasse a Gluck, e ancora Jommelli e Traetta, tutti fedeli al testo metastasiano che a sessant’anni dalla sua nascita fu affidato alle “cure” di Caterino Mazzolà, uomo di corte a Dresda e momentaneamente preso in prestito a Vienna dopo il licenziamento di Lorenzo Da Ponte. Insieme a Mozart, Mazzolà rivisitò il dramma attraverso un radicale restauro che ne sacrificò versi e intere scene riducendolo da tre a due atti, ridimensionando l’antiquata opera settecentesca in un organismo alimentato da un linguaggio musicale più scorrevole. Opera non certo di repertorio neppure fra i capolavori mozartiani, “La clemenza di Tito” approda al Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” di Modena in coproduzione coi Teatri di Reggio Emilia e con l’allestimento della Fondazione Lirico-Sinfonica Petruzzelli di Bari che gode della regia di Walter Pagliaro e del supporto scenografico e costumistico di Luigi Perego. Comunque sia di grande eleganza è la scelta di un’architettura lignea classica ispirata alla cupola del Pantheon completamente ribaltata, quasi a perseguire metaforicamente la visione di un mondo lontano dai legami istituzionali imposti dal tempo di Tito, personaggio certamente contraddittorio e sfuggente, così poco imperatore e così poco avvezzo al comando, ma molto più intento a una visione del mondo utopico dove i complotti perpetrati alle sue spalle non bastano a piegarne la clemenza e il perdono di uomo fin troppo vicino alle vicende umane filtrate attraverso una sensibilità che lo identificano quasi alla personalità di un Mozart ormai prossimo alla fine dei suoi giorni. Nella disquisizione strettamente musicale la “Clemenza” modenese è indurita dalla pesantezza ritmica nelle sonorità dei fiati dalla direzione sbrigativa di Eric Hull sulla compagine dell’Orchestra Regionale dell’Emilia-Romagna. Più dinamico è invece il rapporto con gli archi che sottolineano una timbrica nella spinta dei contrasti affettivi offrendo una teatralità diversificata fino alla ricerca di un’essenzialità drammatica. Di gran lunga migliori sono le pagine monumentali corali che Stefano Colò riesce a infondere sul Coro Lirico Amadeus del Comunale di Modena con pathos emotivo intensificato nell’espressività del flusso narrativo. Il sentimento dirompente di Vitellia, diabolica nel tenere in pugno la volontà dell’amante Sesto, oscilla fra la tessitura sopranile e le note di un mezzosoprano portato agli estremi tra il furore di un carattere fumantino e il trasporto amoroso che la temperamentosa Paola Romano dipana con vibrante incisività riuscendo a tradurre in emozione teatrale la modesta aulicità del testo. “Non più di fiori” è una delle colorature più scabrose, come del resto l’ultimo recitativo che precede il rondò sottolineato dalla frase “Ah, mi vedrei sempre Sesto d’intorno”, entrambe raccontate con forza espressiva d’accento. Gabriella Sborgi è un Sesto en travestì notevole nel timbro pieno, nel fraseggio curato e nel gioco di chiaroscuri sfumati interessanti che gli vengono riservati nell’intensità drammatica, in particolare nel terzetto “Quello di Tito è il volto” e l’aria-rondò “Deh, per questo istante solo” in cui la nobiltà e l’integrità d’animo si affermano con maggiore energia. Paolo Fanale è un Tito efficace, attento nel fraseggiare espressivo intelligente dei recitativi, cercando di interiorizzare un personaggio così imbarazzante che non sempre rende giustizia all’interpretazione che comunque appare fresca e squillante, suffragata da una buona tecnica vocale. Aurora Faggioli appare un Annio dalla vocalità gradevole, ma leggera e piccola, mentre Ruzan Mantashyan canta bene la sublime aria di Servilia.

    Infine Publio è interpretato da Valeriu Caradja. Intense appaiono le immagini che riflettono il duplice destino di Vitellia: l’abito nuziale bianco che rispecchia il suo agognato sogno d’amore con Tito, e il velo nero che lascia presagire un destino di morte fortunatamente sventato dalla proverbiale benevolenza di Tito.

    Modena, febbraio 2014.

    Claudia Mambelli.

  2. LA GRANDE OPERA

    L’opera di Mozart sarà diretta da Tate con la regia di Ronconi. Per il restyling 330 giorni dilavoro e 65 milioni Bassolino: «Ora questo teatro è l’ambasciatore di Napoli nel mondo»

    RINASCE IL SAN CARLO
    “SFIDERA’ LA SCALA”

    Duplice inaugurazione domani con la prima de «La clemenza di Tito» nel restaurato teatro «Napoli ha lavorato con tempi da record, meglio di Milano e Venezia»

    Da Napoli Virgilio Celletti

    È un duplice evento. E anche due riabilitazioni, sempre che ne a vessero bisogno un’opera co me la mozartiana Clemenza di Tito e un teatro prestigioso come il San Car lo. Semmai, un ritorno all’antico, so prattutto per l’opera che proprio a Napoli, due secoli fa, ebbe la prima esecuzione italiana. Per quanto ri guarda il teatro, si tratta in realtà di un ritorno al passato solo nel senso che esso ora è fresco e scintillante come all’inizio della sua storia. Eppure è adesso anche il teatro più moderno, perché dispone ad esempio del pal coscenico più evoluto dal punto di vista tecnologico.
    Quella di domani sera, dunque, con la ‘prima’ di una nuova Clemenza di Tito, e con gli abiti da sera, i riflettori e il Capo dello Stato Giorgio Napoli tano nel palco centrale, non sarà la solita, stereotipata, apertura di sta gione, ma un vero evento. «Abbiamo lavorato giorno e notte per 330 gior ni, due tranche di lavori tra il 2008 e il 2009» sottolinea il commissario straordinario Salvatore Nastasi illu strando il restyling compiuto. «Un re stauro in tempi record, unici nel no stro Paese» gli fa eco il presidente del la Regione Campania, Antonio Bas solino. «Ora il San Carlo è tra i teatri più moderni e competitivi, grande ambasciatore di Napoli nel mondo» aggiunge, a mo’ di riscatto dopo la fi guraccia mondiale della monnezza. L’architetto Elisabetta Fabbri, diret tore del restyling, rimarca poi come per la Scala siano stati impiegati 930 giorni di lavoro e per la Fenice 630, «ed erano teatri chiusi per tutto quel periodo. Noi non abbiamo chiuso».
    Costato 65 milioni di euro e finanzia to dalla Regione con fondi europei, il restauro ha riguardato in buona par te il grande palcoscenico. Fra le quin te si respira ora un’aria nuova: nella sala-regia si compiono tutte le ope razioni, dalle più semplici come si pario o luci a quelle complesse come i cambiamenti delle scene. Ora le più ingombranti si possono spostare in pochi secondi usando ottanta moto ri. Nella Clemenza (l’altra sera abbia mo assistito alla prova generale), du rante l’incendio che i congiurati ap piccano al palazzo dell’imperatore, viene giù l’intera parete di un enorme palazzo: e ciò grazie ai cavi coman dati da uno di questi motori. Ben cin que ponti mobili, poi, consentono di cambiare l’inclinazione del piano di scena: operazione impossibile in pas sato. Le vecchie attrezzerie, antidilu viane di nome e di fatto, i tiri delle fu ni, la graticcia, i sottopalchi di legno non finiranno in soffitta ma faranno parte del museo del teatro.
    Il clima solenne che si respira in que sta vigilia d’inaugurazione è poi am plificato dalla scelta di un’opera degna della grandezza di Mozart, eppure da molti e per molto tempo addirittura giudicata discutibile, forse perché non si considerava che la sua semplicità e ra sinonimo di purezza, di trasparen za e non una scorciatoia espressiva.
    E la semplicità è, in questo caso, al San Carlo, la chiave di lettura sia del la direzione di Jeffrey Tate che della regia di Luca Ronconi (il suo è il de butto sulla scena lirica partenopea). Poco aiutato però da Margherita Pal li, con una scena fissa, dominata da un enorme, piatto, palazzo con dei buchi quadrati per finestre che non è né Roma antica né il Settecento di Mozart. Impeccabile Tate sul podio, incisivo e coerente nei tempi ed e quilibrato nelle sonorità. Come equi librato è stato il cast vocale, con qual che punta di merito per il Tito di Gre gory Kunde, un po’ anonimo solo nei recitativi, e per il Sesto di Monica Bo celli che esibisce grinta e dolcezza al tempo stesso. Ma bene anche gli al tri, che sono Teresa Romano, Elena Monti, Vito Priante e Francesca Russo Ermolli.

    Il rinnovato Teatro San Carlo di Napoli: domani sera l’inaugurazione con la prima de «La clemenza di Tito» di Mozart

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