Xmas@Theatre

Posted by on December 22, 2009

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  1. NATALE CON I PUPI ALL’AUDITORIUM DI ROMA: “TRADIMENTI E FEDELTà”, UN PROGETTO DI MIMMO CUTICCHIO. DAL 26 AL 29 DICEMBRE AL TEATRO STUDIO PARCO DELLA MUSICA

    Da antichi canovacci. Adattamenti scenici e opranti: Mimmo Cuticchio e Giacomo Cuticchio. Aiutanti di quinta e di palcoscenico: Fulvio Verna, Tania Giordano.
    Musiche: tradizionale pianino a cilindro

    ROMA – Quattro serate in compagnia del grande cantastorie, puparo e cuntista siciliano che porterà in scena i suoi storici personaggi, pupi e marionette. Dopo il successo dello scorso anno, Mimmo Cuticchio torna al Parco della Musica dal 26 al 29 dicembre con il progetto Tradimenti e fedeltà.
    Nella sterminata selva della letteratura epico-cavalleresca, le rivalità, le lotte, gli amori, le nascite prodigiose, sono riflessi e contrasti che l’Opera dei pupi drammatizzava nella forma rituale del racconto e che il pubblico ascoltava dai contastorie e dai pupari.
    Il tradimento e la fedeltà sono temi ricorrenti, che tracciano alcuni sentieri della tradizione popolare e che mettono in evidenza la somiglianza della struttura narrativa di un gran numero di episodi legati al racconto della vita di eroi.
    Nelle caratteristiche dello schema narrativo connesse al tradimento, un posto preminente hanno l’inganno, il raggiro, il ricorso all’aiuto di un terzo componente, sia esso persona sia esso un popolo. In tutti i casi il termine tradimento è sinonimo di fellonia, di omissione dei propri doveri fondamentali verso il sovrano, di ricorso a mezzi sleali di lotta.
    Nell’Opera dei pupi, la differenza fra gli eroi e i traditori è resa evidente nei caratteri fisici dei personaggi, i quali sono riconoscibili anche esteriormente. Gli eroi sono belli, alti, hanno vesti di colori vivaci. I traditori sono brutti, piccoli e sono vestiti di nero. I primi, nel vendicarsi, si comportano lealmente, mentre i secondi usano mezzi sleali di lotta: fanno agguati nei boschi, combattono armati contro avversari disarmati, si accordano con i nemici, i quali usano spesso metodi altrettanto infami.
    Gli spettacoli presentati in questo progetto sono compositi: Mimmo Cuticchio utilizza convenzioni e tecniche tradizionali, rielaborando drammaturgicamente le trame ma rimanendo fedele alla narrazione tradizionale, alla tecnica e alla recitazione improvvisata e sono rappresentati con i pupi nel piccolo boccascena del classico teatrino.
    Nei cinque spettacoli che Cuticchio ha scelto per questo programma (Nozze di Re Pipino e tradimento di Falisetta, Amore di Berta e Milone e tradimento di Raimondo il calabrese, Tradimento di Almonte e morte di Milone, Buovo e Lucietta riabbracciano i loro figli, La spada di Orlando) c’è una grammatica teatrale severa e una complessa scenotecnica di straordinario impatto visivo, che mette a nudo l’assoluta semplicità di un “mestiere” nel quale sanno ancora rispecchiarsi il senso antico del teatro e tutta la creatività di un artista che vive la ricerca come strumento indispensabile alla vita stessa e alla poesia del Teatro.
    Il tema di riferimento è sempre la contrapposizione del tradimento alla fedeltà. In alcune di queste storie si racconta di personaggi che per varie sfortunate circostanze perdono il proprio rango per poi riconquistarlo dopo lunghe peripezie. L’immagine della perdita di qualcosa si identifica con l’idea di un diritto calpestato, di una giustizia da rivendicare, sostenuta dal coraggio e dal valore, che sulla scena dell’Opera dei pupi è messa in evidenza dalle lotte e dallo smembramento dei nemici uccisi. In altre vicende si mette in evidenza la fedeltà verso il proprio amore, il sovrano o semplicemente un amico.
    Gli episodi presentati sono drammaturgicamente completi, nel senso che ogni serata può considerarsi uno spettacolo a se stante. Tuttavia, chi volesse seguirli tutti, potrà cogliere, oltre al materiale fantastico-cavalleresco, la struttura fondamentale dell’Opra, il suo grande rilievo epico, l’ammirazione per chi rispetta le regole della lealtà, in una parte della Storia dei Paladini di Francia che Mimmo Cuticchio ha scelto di rappresentare in ordine di avvenimento.
    Nella matinèe di martedì 29 dicembre, ore 11, ho assistito alla rappresentazione de La spada di Orlando. I pupi Onofrio e Virticchio introducono le scene: pianti di bambini in sala, genitori che fanno avanti e indietro. Si racconta di come la principessa Berta, sorella di Carlo Magno e Milone, conte d’Anglante vengono banditi da Carlo Magno e si perdono in alto mare e di come Berta in una grotta presso Sutri dà alla luce il figlio Orlando.
    Si racconta delle prime imprese del piccolo Orlando contro un serpente e di come, dopo avere rubato la coppa di Carlo Magno, si scoprirà che è nipote del re di Francia.
    Tornati in Francia, Orlando si trova a studiare in seminario quando Carlo Magno parte per la guerra contro Almonte D’Asia nelle terre di Aspromonte.
    Orlando fugge dal seminario per raggiungere il padre in guerra, ma arriva tardi perché questi è stato ucciso dal re Almonte. Ancora ignaro della verità, Orlando si inoltra nel bosco e trova suo zio Carlo Magno che, vicino a una fonte, combatte contro Almonte. Qui viene a conoscenza che il perfido saraceno ha ucciso suo padre, dopo avergli spezzato le armi. Così Orlando prende di peso Almonte e lo getta dentro la fonte, conquistando le sue armi e la spada durlindana. L’inchino finale dei pupi.
    La rappresentazione dura un’ora esatta: durata non eccessiva per non appesantire le pargole menti.

    LA SCENA – L’entrata in scena del traditore sfregiato Gano di Magonza: “cornùùùto, vastàààso”. “Una volta, a Partinico – racconta Giacomo Cuticchio, figlio d’arte di Mimmo – hanno sparato al pupo di Gano. Mio padre rimase scioccato”.
    LA COMPAGNIA – Se nasci figlio d’arte, portaci tuo padre l’artista.
    IL VINO – Corvo di Salaparuta. L’istinto siculo di vita, morte e tradimento scorre, ribolle e ghiaccia nelle vene.

    Federico Ligotti

  2. DA GIOVIDì A GIOVIDì, MANCA LA RISATA

    Lo spettacolo del comico Marco Marzocca, in programmazione al teatro Brancaccio di Roma dal 22 dicembre al 10 gennaio, è un albero di Natale dalle luci offuscate

    ROMA – Signò, direbbe la filippina Ariel, manca la risata qui, signò.
    Lo spettacolo “Da giovidì a giovidì” di Marco Marzocca, in programmazione allo storico Brancaccio di via Merulana per il secondo anno di fila, dal 22 dicembre al 10 gennaio, è una stentata, e ostentata, pièce da vaudeville romano senza acuti, decisamente sottotono nella replica (ore 17.00) di domenica 27.
    Sarà stato l’abbiocco post-meridiano, o il tepore raffreddato di un Natale andato a male a offuscare le luci dell’albero di Natale allestito dal premiato trio Marzocca-Sarcinelli-Paiella?
    Il compagno di Zelig e di merendina Stefano Sarcinelli non raggiunge mai l’apex dell’umorismo, chiuso nel suo stereotipo di figlio napoletano sottomesso al notaio incazzoso. Mentre l’unica nota positiva, nonché l’unico barlume di risata strappata al pubblico (pur numeroso…), proviene dalla schitarrata parodica di Max Paiella, decisamente uno scalino sopra i due compari con il cabaret-canzone della casa.
    Lasciano poi perplessi le due ore e mezza abbondanti di durata: insostenibili, per uno spettacolo comico. Più consoni allo sbadiglio che alla risata, se proprio a uno gli va di aprire la bocca.
    Senza tralasciare, infine, che la cartomante partenopea “Mamma Orsa” è una pallida imitazione del guzzantiano Quelo.
    Quella di Marzocca è una delusione inattesa, una carrellata di personaggi in due atti di commedia (e qualcuno dovrà pur spiegarci perché il primo atto dura un’ora e tre quarti, mentre il secondo poco più di mezzora): le risate, vogliamo sperare, saranno andate tutte alla prima.

    LA BATTUTA – “Non mi aprirò mai più al mondo, se qualcuno non mi dà una password di Amore”. Il partito dell’amore dei comici: bastava quello dei politici.
    LA COMPAGNIA – O la tua ragazza o la noia. Scelgo di annoiarmi in due.
    IL VINO – Coda di Volpe dell’hinterland trapanese: un cerchio alla testa e nulla più.

    Federico Ligotti

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