I Lombardi alla prima Crociata Jerusalem

Posted by on October 26, 2023

I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera Musica di Giuseppe Verdi Arvino Antonio Corianò Pagano Michele Pertusi Viclinda Giulia Mazzola Giselda Lidia Fridman Pirro Luca Dall’Amico Priore Zizhao Chen Acciano William Corrò Oronte Antonio Poli Sofia Galina Ovchinnikova Violino solista Mihaela Costea Maestro concertatore e direttore Francesco Lanzillotta Regia,

I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA
Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera
Musica di Giuseppe Verdi

Arvino Antonio Corianò
Pagano Michele Pertusi
Viclinda Giulia Mazzola
Giselda Lidia Fridman
Pirro Luca Dall’Amico
Priore Zizhao Chen
Acciano William Corrò
Oronte Antonio Poli
Sofia Galina Ovchinnikova

Violino solista Mihaela Costea

Maestro concertatore e direttore Francesco Lanzillotta
Regia, scene, costumi e video Pier Luigi Pizzi
Luci Massimo Gasparon Coreografie Marco Berriel
Filarmonica Arturo Toscanini
Orchestra Giovanile della Via Emilia
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro Martino Faggiani
Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma

https://www.raiplay.it/video/2020/10/Opera—Jerusalem-0f2b7089-9780-4f16-a256-a1d52fd50d2e.html

https://www.raiplay.it/video/2020/11/Jerusalem—Secondo-atto-08cd3be9-bcb6-4507-bbf1-a84f92e1cb2c.html

https://www.raiplay.it/video/2020/11/Jerusalem—Terzo-e-quarto-atto-f9d85873-0aa1-4f6b-81dc-eb697e64e74a.html

https://www.raiplay.it/video/2020/11/Jerusalem—Quarto-atto-6d3eb0da-f0b7-4a89-a9ec-c192b2d75bd3.html

https://my.mail.ru/mail/vassilevv.v/video/2/1311.html

Veronica Villarroel, Carlo Colombara, Ivan Morimov, Alain Fondary, Frederica Bragaglia, Giorgio Casciarri

Regia
Ermanno Olmi

Conductor Michel Plasson
Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova
Coro del Teatro Carlo Felice di Genova
Chorus Master Ciro Visco

Choreographer Mauro Bigonzetti
Stage Director Piergiorgio Gay
Stage Designer Danilo Donati
Costume Designer Danilo Donati

Jérusalem

Gaston, Vicomte de Béarn
RAMON VARGAS

Le comte de Toulouse
PABLO GÁLVEZ

Roger, son frère
MICHELE PERTUSI
MIRCO PALAZZI (20/10)

Hélène, fille du comte
ANNICK MASSIS
SILVIA DALLA BENETTA (20/10)

Isaure, confidante d’Hélène
VALENTINA BOI

Adhémar de Monteil, Légat
DEYAN VATCHKOV

Raymond, l’écuyer
PAOLO ANTOGNETTI

L’émir de Ramla
MASSIMILIANO CATELLANI

Un officier de l’émir
MATTEO ROMA

Un hérauld
FRANCESCO SALVADORI

Un soldat FRANCESCO SALVADORI

Maestro concertatore e direttore
DANIELE CALLEGARI

Regia, Scene, Costumi
HUGO DE ANA

Luci
VALERIO ALFIERI

Projection Designer
Ideogamma srl – SERGIO METALLI

Coreografie
LEDA LOJODICE

Maestro del coro
MARTINO FAGGIANI

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma

In coproduzione con Opéra de Monte-Carlo

Arvino, figlio di Folco so signore di Rò ROBERTO DE BIASIO
Pagano, figlio di Folcignore di Rò,
poi Eremita MICHELE PERTUSI
Viclinda, moglie d’Arvino CRISTINA GIANNELLI
Giselda, sua figlia DIMITRA THEODOSSIOU
SILVIA DALLA BENETTA (18)
Pirro, scudiero d’Arvino ROBERTO TAGLIAVINI
Un Priore della città di Milano GREGORY BONFATTI
Acciano, tiranno d’Antiochia JANSONS VALDIS
Oronte, suo figlio FRANCESCO MELI
Sofia, moglie del tiranno d’Antiochia DANIELA PINI / VERONICA SIMEONI (24)

Maestro concertatore e direttore
DANIELE CALLEGARI

Regia
LAMBERTO PUGGELLI

Scene
PAOLO BREGNI

Costumi
SANTUZZA CALÍ

Regista collaboratore
LORENZA CANTINI

Luci
ANDREA BORELLI

Maestro del coro
MARTINO FAGGIANI

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Allestimento del Teatro Regio di Parma

6 thoughts on “I Lombardi alla prima Crociata Jerusalem

  1. I Lombardi alla prima crociata aprono il Festival Verdi di Parma

    E’ un titolo del periodo giovanile verdiano ad aprire il Festival dedicato al grande uomo di Busseto.
    E’ un’opera che porta inequivocabilmente al precedente Nabucco scritto da Verdi qualche anno prima per quel filo sotterraneo che le lega entrambe a vicende storiche e a implicazioni patriottiche.
    Parliamo dei Lombardi alla prima crociata che porta la firma di Pier Luigi Pizzi, elegante ed equilibrato come sempre che, senza cerebrali virtuosismi, gioca la carta della raffinatezza stilistica accuratamente illustrativa, sullo sfondo di proiezioni dove il bianco e il nero, protagonisti assoluti, rievocano gli ambienti del dramma, supportati da qualche pennellata di colore che accende le scene arabe con lo sfondo coreografico di Marco Berriel. E’ un Pizzi iconografico nelle scelte architettoniche, fedele alla struttura verdiana, che sottolinea alcuni momenti musicali ad effetto come il bellissimo “solo” del violino della brava Mihalea Costea in apertura del terzo atto e successivamente di Elena Meozzi all’arpa. Del resto Francesco Lanzillotta che impugna la bacchetta della Filarmonica Toscanini col supporto dell’Orchestra Giovanile della Via Emilia, ancora in sedia a rotelle dopo il grave incidente dell’estate scorsa, fa una un’accurata lettura strumentale di coerenza narrativa in perfetto accordo con le scelte stilistiche di Pizzi, comunque vibrante nelle sonorità più bellicose segnando il passo rigoroso del Verdi giovanile fino a stemperarsi nei momenti più lirici. E il coro superbo come può esserlo quello del Regio di Parma, preparato magnificamente da Martino Faggiani con quegli abbandoni bellissimi che confluiscono in “O Signore dal tetto natìo”, sigla la pagina più celebre dell’opera sfociando in un applauso scrosciante. La cifra stilistica dei Lombardi la dà Michele Pertusi che ha fatto di Pagano, uno dei personaggi a lui più congeniali per il timbro di una morbidezza magnifica e una vellutata pastosità unita a un fraseggio nobile, scavato con grande acume teatrale nelle pieghe della struttura musicale dove di straordinaria eloquenza sono gli accenti con cui sottolinea la sofferta tristezza di chi vive espiando la solitudine. A lui che, dopo l’infortunio subito in corso d’opera continua a cantare sacrificato su una sedia di fortuna, va il sentito applauso del pubblico del Regio che gli tributa un calore umano indescrivibile. Lidia Fridman debutta nel difficile ruolo di Giselda con timbro vocale esperto e fascinoso, suggestivo nelle agilità che tuttavia lasciano trasparire talvolta qualche ombra. I due tenori dei Lombardi sono Antonio Corianò che conferisce una nobile chiarezza al personaggio di Arvino, mentre Antonio Poli esprime una bella vocalità lirica al ruolo di Oronte, forte di una delle arie più note dell’opera “La mia letizia infondere”. Complessivamente bravi gli altri componenti del cast, Giulia Mazzola (Viclinda), Luca Dall’Amico (Pirro), William Corrò (Acciano) e i due allievi dell’Accademia verdiana Zizhao Chen (priore) e Galina Ovchinnikova (Sofia).

    Parma, ottobre 2023

    Claudia Mambelli

  2. “Jerusalem” la francese dell’italianissimo Verdi al Festival di Parma.

    Il gusto per il senso estetico più raffinato, per la ricostruzione storica dei costumi e per la ricchezza di materiali impiegati si susseguono nelle immagini attraverso un velario di tulle al proscenio e sui fondali che, coniugati alla tecnologia di Sergio Metalli, creano un rimando fra un gioco virtuale e una realtà di fondo compiendo un gesto affascinante. La proiezione su video di campi di battaglia in cui si muovono i crociati come in una tela di Delacroix, e la suggestione di antiche vetrate gotiche di cattedrali con immagini sacre compongono il mosaico affascinante voluto da Hugo De Ana nell’allestimento della sua “Jerusalem”, la versione francese de “I Lombardi alla prima crociata” che mancava dal palcoscenico di Parma da oltre trent’anni e che è stata scelta per l’apertura del
    Festival Verdi 2017 perseguendo un percorso artistico che va alla riscoperta di titoli verdiani un po’desueti e meno rappresentati rispetto alle cosiddette opere di repertorio.. Il regista argentino firma anche scene e costumi, avvalendosi delle suggestive luci di Valerio Alfieri e delle coreografie di Leda Lojodice che completano uno spettacolo sontuoso nella tradizionalità, come del resto è l’opera stessa di Verdi tipica del grand opèra francese ottocentesco composto su libretto di Alphonse Royer e Gustave Vaez. Un’opera che, dopo il suo debutto avvenuto nel 1847, in Francia rimase in repertorio fino al 1892 per poi cadere nell’oblìo interrotto a Venezia nella versione italiana diretta da Gianandrea Gavazzeni. Un’opera con cui Verdi compie una riorchestrazione capillare nel
    riadattamento de “I Lombardi” mantenendo i brani più significativi, giocando su raffinatezze musicali, modificando il tessuto armonico comprensivo di musiche decorative fra marce e ballabili, e creando una toccante dichiarazione di innocenza cantata da Gaston nel terzo atto. Pur perdendo quell’icasticità drammaturgica particolarmente connotata ne “I Lombardi”, Verdi trae in “Jerusalem” una maggiore qualità musicale che testimonia una tappa importante nell’evoluzione del suo linguaggio compositivo. E’ un’opera difficile da rappresentare in cui, come afferma lo stesso regista, tutti compiono un cammino, si ritrovano, si incrociano con lo stesso fine, ritrovare Gerusalemme ovvero la luce che ognuno porta dentro di sé, sia nell’amore, che nella sublimazione della morte. Sul podio della Filarmonica Toscanini la bacchetta espressiva di Daniele Callegari crea un flusso melodico pieno e ricco di prospettive in una coerenza narrativa che si esalta nelle “nuances” liricheggianti della partitura francese curata in questa edizione critica da Jurgen Selk. E lo splendido coro del Teatro Regio preparato magistralmente da Martino Faggiani crea la magia con “Jerusalem la Sainte, la divine cité” e con “Le Signeur vous promet la victoire” uno dei brani più riconoscibili della versione originale italiana; perché questa, come tante verdiane, è un’opera coralein cui il coro è veramente protagonista. Le ovazioni sono per Michele Pertusi che affronta per la prima volta il complesso ruolo di Roger, personaggio diviso fra crudeltà e redenzione con un timbro morbido e compatto che sottolinea l’aspetto ieratico e di lacerata tristezza di chi vive espiando in solitudine con fraseggio scavato ricco di grande acume teatrale. Annick Massis è una Hélène dal gusto squisito e dalle agilità impeccabili coronate da un fraseggio espressivo nella finezza fantasiosa. Dei protagonisti Ramon Vargas è forse il meno adatto al ruolo che gli compete, Gaston, comunque attraversa momenti toccanti di intensità. Completano un cast omogeneo Pablo Gàlvez (conte di Toulouse), Valentina Boi (Isaura), Deyan Vatchkov (Adhémar de Monteil), Paolo Antognetti (Raymond), Massimiliano Catellani (emiro di Ramla), Francesco Salvadori nel doppio ruolo dell’araldo e di soldato.

    Parma, ottobre 2017.
    Claudia Mambelli.

  3. Aperitivi culturali agli Antichi Forni di Macerata luglio 2010

    Di Giosetta Guerra

    Le persone che frequentano gli incontri agli Antichi Forni di Macerata si aspettano di sentire cose nuove o curiosit sulle opere che andranno ad ascoltare.
    Il 31 luglio Carla Moreni ha presentato al folto pubblico lopera di Giuseppe Verdi La Forza del destino, raccontandone la trama (che si pu leggere ovunque) e mettendo in evidenza il carattere dei personaggi e alcune particolarit musicali, certamente noti alla maggior parte degli astanti.
    Forse poteva essere pi accattivante parlare di ci che accadeva alla Scala nel 1869, fuori e dentro il teatro, prima e dopo il debutto dell’ultima edizione dellopera in questione, degli interpreti, visto che il protagonista era marchigiano, dello stato danimo di Verdi e dei compositori che attendevano il loro turno per luso del teatro, visto che uno di loro era marchigiano.
    Forse Carla Moreni non sa che esiste un libro di una marchigiana dove tutto questo ben descritto, ma Pier Luigi Pizzi s.
    Insomma queste Marche le vogliamo valorizzare anche per ci che ci hanno donato in passato o vogliamo farne una terra per ospiti graditi e non paganti che non metteranno piede nella nostra regione fino al prossimo invito? E noi marchigiani paghiamo, paghiamo anche per loro.

    Ecco un estratto dal mio libro sul tenore marchigiano, favorito di Verdi, Mario Tiberini.
    Provate a vedere se appaga la vostra curiosit, come ha appagato la mia.

    Durante la cosiddetta settimana grassa di carnevale1869, alla Scala di Milano ogni sera viene allestita unopera con il teatro illuminato a giorno.

    Domenica Don Carlos
    Luned Mos
    Marted Gli Ugonotti
    Mercoled Don Carlos
    Gioved Mos
    Venerd Don Carlos
    Sabato Gli Ugonotti

    Le opere si protraggono per tutta la settimana di quaresima, (Tiberini canta solo ne Gli Ugonotti, nelle altre due canta Mongini), procurando un notevole ritardo sullallestimento della nuova opera, La Forza del destino di Verdi. Gli abbonamenti per la realizzazione di tale opera erano comunque iniziati alla fine dellanno precedente.
    Finalmente mercoled 27 gennaio 1869 cominciano le prove de La Forza, sotto la direzione dello stesso Verdi e con un cast deccezione.
    Ma il Maestro preoccupato, perch, a causa dei troppi impegni dei cantanti, le prove sono poche. Il 5 febbraio (domenica) 1869 Verdi scrive ad Escudier da Milano:
    Caro Lon,
    Sono qui da otto giorni e voleva scrivervi sempre in ogni giorno, ma nei primi giorni di prova vi sempre molto da fare, e non ho mai potuto farlo. Non saprei dirvi quando andr in scena La Forza del Destino, perch si fanno prove brevi, dovendo gli artisti cantare in questa settimana tutte le sere o D. Carlos o gli Ugonotti. Capite bene, tutte le sere! C da crepare cantar sempre opere di quella mole e provare il mattino. (G. Marchesi Gli anni della Forza del destino, in Verdi, Bollettino dellIstituto di Studi Verdiani, vol. II, n. 6, Parma, Istituto di Studi Verdiani, 1966).

    Il 10 febbraio lopera non ancora andata in orchestra e gli altri compositori, che attendono il loro turno per presentare la loro opera alla Scala, sono in fibrillazione a causa di tali ritardi.
    La Commissione del Teatro alla Scala, infatti, aveva gi inserito come opera dobbligo nel cartellone della stagione unopera nuova del compositore marchigiano Filippo Marchetti (1831-1902), che music Ruy Blas nel 1869, ma il prolungarsi dei lavori per lallestimento de La Forza del destino, la confina alla fine della stagione, lopera andr in scena alla Scala il 5 aprile dello stesso anno con Tiberini nel ruolo protagonista.
    Montuoro e Marchetti si sono messi lanima in pace, giacch volle il destino che in causa della Forza del destino essi sieno forzati ad aspettare che le loro opere sieno date per ultime. Il Pungolo per tranquillizzare Marchetti, dice che Tiberini ha prolungato il suo contratto, ma sino ad ora questo non che un pio desiderio del pubblico, che in Tiberini vede e riconosce un vero appoggio della stagione ed una balla dellImpresa della Scala, la quale si addormentata e se la Forza del destino ritarda di comparire, dovr smettere le rappresentazioni, perch Tiberini andr via e allora non saranno pi in tempo di riconfermarlo! (Il Trovatore 4 febb. 1869 LA RIVISTA DELLA SETTIMANA – Firmato: IL NOVELLIERE).

    Mario Tiberini ormai diventato un punto fermo per molti compositori e per tutti gli spettatori. La sua partecipazione a questa opera verdiana rende ancor pi frenetica lattesa. E finalmente il 27 febbraio 1869 alla Scala di Milano avviene il debutto de La Forza del destino presentata nella definitiva edizione riformata. (Interpreti: Mario Tiberini tenore (Don Alvaro), Ida Benza Nagy giovane mezzosoprano magiaro (Preziosilla – debutto), Luigi Colonnese baritono (Don Carlo), Marcello Junca basso (Padre Guardiano), Giacomo Rota basso (Fra Melitone), Teresa Stolz soprano (Leonora), Giuseppe Vecchi basso (il Marchese di Calatrava), Ester Neri mezzosoprano (Curra), Luigi Alessandrini basso (un alcade), Antonio Tasso tenore (Mastro Trabucco), Vincenzo Paraboschi basso (un chirurgo militare). Scene di Carlo Ferrario, pittore dei costumi Pessina. Maestro del Coro Zirillo (bravissimo). Dir. Orch. Angelo Mariani. Clarinettista Bassi. Flautista Pizzi. Regista e coordinatore: Giuseppe Verdi. 13 repliche.

    Tutti i timori vengono di colpo fugati e tutte le ansie trovano appagamento nellenorme successo ottenuto da questopera nuova, che fa incassare dieci mila lire.
    Tentar di ridire le emozioni vivissime che abbiam provato jersera alla Scala cosa impossibile. Non fu una prima rappresentazione – fu una festa dellarte – una di quelle feste che lasciano incancellabile la loro memoria in quanti vi presero parte. Tutto il pubblico e lorchestra in piedi, a batter le mani freneticamente, applausi con lagitar dei cappelli, con lo sventolare in platea dei fazzoletti, e nei palchi col grido Viva Verdi. (Il Pungolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 66 e 67.

    La sera della prima e nelle serate successive con la Stolz e Tiberini si toccano le punte pi alte dellentusiasmo e lo splendido allestimento dellImpresa Bonola e Brunello contribuisce visibilmente alla buona riuscita dello spettacolo, che unisce la precisione tedesca al fuoco e al colorito italiano.
    E vero che il solito Parravicini non pu fare a meno di notare che, unitamente alla Benza, essi tendono a crescere rispetto al basso diapason,ma anche vero che lo stesso critico riconosce che la Stolz merit grandi applausi e che Tiberini fu sublime come attore e come cantante. (Giorgio Gualerzi: op. cit. p. 902) Luigi Colonnese, la Benza, Rota, Tiberini gareggiarono a chi meglio. (La Lombardia dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 66). La Stolz, Tiberini e Rota risultano essere gli eroi della serata. Unanime il consenso della critica per il tenore Mario Tiberini.
    Tiberini si rivel per cos grande artista, che io dovetti chinare il capo e rinnegare le mie ingiuste prevenzioni, scrive il critico de Il Gazzettino Rosa (28 febbraio 1869) e su Il Pungolo si legge che la deliziosa romanza con cui si apre il terzo atto stata cantata dal Tiberini con quellaccento di cui egli solo possiede il segreto, e con quella correttezza artistica, che lunge dallo scemare, aggiunge espressivit allaccento (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, n. 9; 3 marzo 1869, p. 68), infine La Lombardia esprime speciale ammirazione pel tenore Tiberini , che in nessunopera mai ci parve pi grande, sia dal lato del canto che dellazione drammatica.
    Egli ottiene forti applausi nellatto terzo per la romanza e il duettino col Colonnese e nellultimo atto per il duetto tenore baritono e il terzetto basso tenore soprano col quale si chiude lopera. Lesecuzione della romanza del terzo atto da parte dellesimio Tiberini fu allaltezza della bellissima composizione; poscia piacque il duetto di Carlo e Alvaro (ferito). (Il Secolo, 28 febbraio 1869).
    Il duettino col baritono parve un giojello di limpida e serena melodiaNellatto quarto Havvi un bellissimo duetto per baritono e tenore (Colonnese e Tiberini ) ed un nuovo terzetto per soprano, tenore, e basso, che piacer maggiormente dopo parecchie udizioni. Verdi venne gloriosamente chiamato allonore del proscenio pi di venti volte, ed il granduomo ne sembrava profondamente grato e soddisfattoTiberini fu sublime come attore e come cantante. (Il Secolo dalla Gazzetta Musicale di Milano, Anno XXIV, n. 9; 3 marzo 1869, pgg. 68 e 69).
    Dopo la comica scena della minestra (atto IV), c il duetto tra baritono e tenore, quindi la grande aria della donna e finalmente il terzetto finale tre pezzi in cui lodio, lamore, la rassegnazione cristiana trovano la loro pi alta espressione e in cui il Tiberini e la Stolz sono veramente sublimi per ispirazione daccento e dazione, assai bene secondati dal Colonnese nel duetto, dal Junca nel terzetto. (Il Pungolo, dalla Gazzetta Musicale di Milano, p. 68).
    Terzo atto, fanatismo la romanza di Tiberini, due chiamate Verdi: duettino Tiberini e Colonnese, acclamatissimo, due chiamate Verdi
    Atto quarto,fanatismo il duetto fra Tiberini e Colonnese, due chiamate Verdi. Chiamato il pittore per la scena dei dirupiTerzetto finale fanatismo. Calata la tela, quattro chiamate Stolz, Junca, Tiberini col maestro ed unultima volta il maestro solo. Somma, 24 chiamate per Verdi. Esecuzione stupenda, come non si ud forse mai alla Scala. Pubblico infanatichito. Verdi commosso tanta ovazione . (Cosmorama, p. 69).

  4. SFERISTERIO OPERA FESTIVAL 2010 (46.a edizione)

    Servizio di Giosetta Guerra

    Non possiamo negare che con la direzione artistica di Pier Luigi Pizzi, che cura anche lallestimento delle opere insieme a Massimo Gasparon, lo Sferisterio Opera Festival abbia acquisito un certo prestigio: le stagioni hanno avuto un tema conduttore, si sono ripristinati gli spazi storici della citt per opere, mostre e conferenze, stata rivalutata la nudit del palcoscenico dello Sferisterio; tuttavia questanno, vista luniformit degli allestimenti, sembra che la zampata creativa dei due registi/scenografi abbia avuto una battuta darresto.
    A maggior gloria di Dio, questo il tema del Festival 2010, comprendeva tre titoli allo Sferisterio (Faust, La forza del destino e I Lombardi alla prima crociata) curati da Pizzi e due titoli al Teatro Lauro Rossi (Juditha triumphans e Attila) curati da Gasparon, pi il Vespro della Beata Vergine in forma concertante allAuditorium San Paolo, curato e diretto da Dantone.
    Bello, ma non ci aspettavamo di vedere un unico allestimento per le tre opere allo Sferisterio e con elementi usati in passato (anche se gi lanno scorso qualcosa di simile era accaduto) e un unico allestimento per le due opere al Lauro Rossi, in parte ripreso dalla Cleopatra di due anni fa. In clima di risparmio ben venga il ripescaggio di materiali e strutture, ma la creativit del regista non dovrebbe essere condizionata dalla crisi economica.

    Il Vespro della Beata Vergine: oratorio in costume
    Auditorium San Paolo 29 luglio 2010

    Titolo inaugurale della 46 edizione dello Sferisterio Opera Festival stato il Vespro della Beata Vergine, prima opera sacra di Claudio Monteverdi con una partitura monumentale di straordinario fascino, presentato nellAuditorium San Paolo di Macerata il 29 luglio ore 21.
    Opera estremamente complessa per invenzione compositiva e per articolazione interna, costituita da una introduzione (“Deus in adjutorium”), cinque antifone, cinque salmi, cinque concerti (di origine profana), un inno, un Magnificat con antifona, una Oratio e si conclude con un “Benedicamus Domino”.
    Pubblicato nel luglio del 1610, anno in cui moriva a Pechino il grande missionario maceratese P. Matteo Ricci, il Vespro un lavoro monumentale scritto per un grande coro e sette differenti solisti, assomma in s stili antichi e moderni ed esalta lo stile concertante e il cantus firmus.
    Le parti strumentali sono scritte per violino e cornetto, mentre la composizione del ripieno non specificata dall’autore, come non sono specificate le parti di canto piano e antifona da inserire fra i salmi ed il conclusivo Magnificat. Questo fa s che gli esecutori modifichino l’opera secondo l’organico che hanno a disposizione.
    Limpressione che si ha nellascoltare il Vespro della Beata Vergine quella di unarmonia diffusa che investe gli spettatori a 360.
    Marco Mencoboni, musicista maceratese di fama internazionale, allievo come Ton Koopman di Gustav Leonhardt (uno dei pionieri della filologia barocchista), e particolarmente attivo nel recupero delle antiche prassi esecutive del repertorio musicale rinascimentale e barocco delle Marche, alla guida del Complesso vocale e strumentale del Cantar Lontano, ha infatti attuato la tecnica del Cantar lontano, una straordinaria tecnica vocale marchigiana dei primi del 600 che si realizza disponendo strategicamente i cantori nello spazio, per creare uno spettacolare effetto di suono diffuso con eco.
    I coristi, divisi in due blocchi, erano disposti nei due altari laterali, i cantanti e gli strumentisti erano sistemati nellaltare centrale, dal pulpito sovrastante si esibivano alcuni solisti e una voce bianca (Asia DArcangelo, la figlia del basso Ildebrando).
    Le voci dei solisti (i soprani Roberta Mameli e Francesca Lombardi Mazzulli, la voce bianca Asia DArcangelo, il controtenore Andrea Arrivabene, i tenori Gianpaolo Fagotto, Luca Dordolo, Simone Sorini e Raffaele Giordani, i baritoni Mauro Borgioni e Marco Scavezza, il basso baritono Fulvio Bettini, il basso Walter Testolin) si amalgamavano perfettamente con quelle dei coristi, creando un cantar melodioso ed ampie sonorit per una full immersion molto coinvolgente.

    Juditha trionfa, Attila no.
    Teatro Lauro Rossi – prova generale

    Nei due allestimenti di Gasparon (belli da vedersi per la luminosit e leleganza dellambientazione, dominata dal candore delle scene e dal contrasto cromatico dei costumi arricchiti dallo scintillio degli ori), gli abiti erano quasi gli stessi (quelli femminili bianchi e lunghi fino ai piedi si differenziavano solo in un particolare: avevano il taglio sotto il petto in Juditha e in vita in Attila, quelli maschili erano verdi in Juditha e azzurri in Attila e i pantaloni alla araba/turca dei maschi avevano il cavallo bassissimo in Attila e pi alto in Juditha (poi cosa centrano gli Arabi o i Turchi con gli Unni? Forse perch le trib guida degli Unni erano di lingua turca?), le scimitarre erano le stesse (e le abbiamo ritrovate anche nei Lombardi), i movimenti dei figuranti con le suddette armi uguali, luso della scala centrale e dei piani laterali sovrastanti uguali, con gli stessi scimitarratori sui piani alti laterali. Anche la morte dei due protagonisti avviene allo stesso modo: il taglio del collo con la scimitarra. A meno che il tutto non sia stato intenzionale, vista laffinit delle due storie. Registicamente azzeccata la scena della morte di Holofernes: disteso sulla scala con la testa appoggiata sullo scalino superiore, al momento del taglio del collo, scivola nel gradino di sotto rendendo il capo invisibile al pubblico.
    Accontentiamoci, visto che lallestimento luminoso, classico, pulito, chiaro, anche se non differenziato e quindi poco funzionale alla comprensione dellazione drammatica, che fortunatamente gi conosciamo, ma almeno sul piano vocale avremmo gradito una maggior efficienza da parte del protagonista delle due opere, Nmon Ford, il quale ci ha pienamente soddisfatto in Juditha, ma ci ha profondamente delusi in Attila, come era successo lanno scorso per Don Giovanni. Come pu il baritono cantare il pomeriggio Juditha e la sera stessa Attila? Non solo per il tour de force, ma anche e soprattutto per il differente registro dei due ruoli: baritono il primo, basso il secondo.
    Va bene che Ford appaga locchio con la sua bellezza statuaria e il magnetismo di un corpo palestrato, ma per Attila ci vuole la voce di basso, lo scavo della parola scenica, la giusta intonazione, cose che lui non ha, la sua una grande voce di baritono che esplode in zona acuta con suono pieno e tenuto a lungo, ma nei gravi c carenza di materiale.
    Si afferma invece per autorevolezza scenica, bel corpo vocale e nobilt daccento Claudio Sgura nel ruolo del generale romano Ezio e anche Maria Agresta, nel ruolo di Odabella, si mette in luce per la variet dei colori e potenza vocale; buona la prova vocale di Giuseppe Gipali (Foresto), di Enrico Cossutta (Uldino) e di Alberto Rota (Papa Leone).

    Tornando al baritono panamense Nmon Ford, dobbiamo riconoscergli un grande carisma nel ruolo di Holofernes (ha sostituito il controtenore siriano Razek Francois Bitar), che gli calza alla perfezione: vocalmente si destreggia ottimamente nella coloratura della scrittura musicale del personaggio, scenicamente estremamente a suo agio nellatmosfera di piccante erotismo e nelle scene oses ideate dal regista, si muove come una pantera con quel corpo di cioccolata modellato (seminudo – WOW!!!), per stimolare i pensieri erotici di Juditha e non solo.
    Tutto il cast era abilitato a eseguire le invenzioni sonore e le architetture musicali barocche atte a crear la maraviglia.
    Juditha era interpretata dalla voce morbida del mezzosoprano Milijana Nikolic (fisicamente esuberante). Splendida nella parte delleunuco Vagaus, Giacinta Nicotra ha esibito una vocalit sopranile agile e sicura in ogni registro. Buone anche le prestazioni del soprano Davinia Rodrguez (Abra) e del contralto Alessandra Visentin (Ozias).
    Riccardo Frizza, alla guida dellorchestra regionale delle Marche, passato con facilit e precisione dallo stile barocco della Juditha triumphans di Antonio Vivaldi ai ritmi verdiani di Attila e il coro Bellini, preparato da David Crescenzi, ha dato prova di grande professionalit.

    Delle tre opere di Pizzi ho perso Faust causa pioggia, mi piaciuta I Lombardi e non mi piaciuta La Forza.

    I Lombardi vincono la prima crociata
    Sferisterio 30 luglio 2010

    Un cast prestigioso ha determinato la vittoria dei Lombardi approdati per la prima volta a Macerata: Michele Pertusi nella figura bifronte di Pagano, fratello di Arvino e padre di Giselda, Francesco Meli nel ruolo di Oronte, figlio di Acciano tiranno di Antiochia e Dimitra Theodossiou in quello di Giselda, la bella cristiana prigioniera figlia di Arvino e amata da Oronte.
    I due amanti danno vita ad appassionati duetti tra lirruenza degli inni bellicosi e gli intrighi delle congiure, Meli con voce sicura ed eroica in grado di piegarsi a timbri suadenti, a melodie di trasparente morbidezza, a sensibili mezzevoci con cura del fraseggio e dellaccento, la Theodossiou con passionale irruenza espressa con intensit daccento e vocalit prorompente negli slanci acuti, che sfuma in filati dolcissimi, in entrambi colpisce lestensione e la tenuta del suono oltre che la bellezza del timbro vocale. Pertusi si impone per lautorevolezza e la pacatezza della sua figura, ma soprattutto per il velluto della voce, che si fatta ancor pi rotonda e accattivante, grazie ad una tecnica sicura di giusta proiezione del suono e di morbidezza demissione. Tutti e tre, nella scena della morte di Oronte, sono uniti in un trio vocale di rara suggestione con violino obbligato, suonato da Michelangelo Mazza, primo violino del Regio di Parma, che accompagna in palcoscenico anche la bravissima ballerina solista Anbeta Toromani.
    Hanno soddisfatto anche le prestazioni degli altri cantanti: il buon tenore Alessandro Liberatore nel ruolo del battagliero Arvino fratello di Pagano, il bel soprano lirico Alexandra Zabala (Viclinda, moglie di Arvino), il bravo basso Andrea Mastroni (Pirro, scudiero di Pagano), il tenore Enrico Cossutta (priore della citt di Milano), il basso/baritono Luca DallAmico (Acciano, tiranno di Antiochia e padre di Oronte), il mezzosoprano Annunziata Vestri (Sofia, madre di Oronte).
    E poi c lottimo Coro Bellini, arricchito di bravi coristi del Teatro Regio di Parma, che contribuisce a dipingere grandi affreschi, nota lattenzione di Verdi alla coralit, e d spessore e suggestione ai momenti pi salienti dellopera, come il celebre Coro di Crociati e Pellegrini O Signore dal tetto nato, intonato sulle acque del Siloe.
    La direzione di Daniele Callegari entra in quel concentrato di forza che il linguaggio musicale verdiano con tempi serrati e scattanti per mantenere alta la tensione drammatica.
    Pregevoli i costumi, in un bellissimo contrasto cromatico tra musulmani e crociati, disegnati da Pier Luigi Pizzi, che per lallestimento ha valorizzato lausterit naturale dello Sferisterio, con elementi scenici essenziali (una scala e una piattaforma circolare girevole al centro), dominati da un grande crocifisso e creando riflessi dacqua sul muro di fondo con i giochi di luci di Sergio Rossi, acqua riversata nelle vasche laterali, a simular la piscina di Siloe, dove i cristiani hanno immerso i piedi.

    Non sempre il destino d la Forzadi sopportare.
    (Sferisterio 8 agosto 2010)

    Giuseppe Verdi nelle lettere inviate il 1 marzo 1869 da Genova allamico senatore Pirolli e allArrivabene, per comunicare il buon esito de La Forza del destino, andata in scena alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869 col tenore Mario Tiberini e il soprano Teresa Stolz, definisce la Stolz e Tiberini superbi e nella lettera scritta il 2 marzo alleditore francese li definisce sublimi.
    Allo Sferisterio di Macerata, invece, nessun artista pu essere definito tale e le recite de La Forza non hanno goduto della soddisfazione del pubblico.
    Il tenore Zoran Todorovich porge bene, pur con qualche portamento, ma non ammalia come Don Alvaro, un ruolo terribile per la voce tenorile specialmente nella seconda parte dove il canto pi teso e quasi furioso, e non certo una voce leggera e opaca, di timbro poco accattivante, che fatica nelle proiezioni acute e nelle ampie arcate melodiche, a render giustizia al canto, allespressivit dellaccento e allazione drammatica. Dovera leroe baldanzoso e fiero, capace di grandi slanci? Fabio Armiliato quanto ci sei mancato!
    Decisamente positiva, invece, stata la prova del soprano venticinquenne Teresa Romano nellaltrettanto difficile ruolo di Leonora: linterpretazione stata intensa, lespressivit fantastica, la linea di canto morbida, con ottima proiezione della bella voce e magistrale uso dei pianissimi (toccante lattacco in pianissimo della Vergine degli angeli preceduta dal coro a mezza voce).
    Bravo il baritono Marco Di Felice nel ruolo di Don Carlo, che ha esibito bel corpo vocale, buona estensione belle progressioni acute e tenuta del fiato. Bello il duettino col tenore ferito.
    Roberto Scandiuzzi ha tutti i numeri per essere un buon Padre Guardiano: autorevole nella voce e nella figura, usa con morbidezza una cavernosa voce di basso, ferma pi nei gravi che negli acuti.
    Il basso Paolo Pecchioli canta bene, ma sia vocalmente che scenicamente non uscito il carattere di Melitone, che risultato scialbo, poco caratterizzato e con poco spessore vocale. Ancor meno adatta al ruolo di Preziosilla, il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, che canta abbastanza bene ma ha voce chiara e leggera e a volte traballante in acuto, la voce manca di corpo e di spessore, linterpretazione non ha mordente e del virtuosismo del Rataplan si sentito solo qualche strilletto.
    Medio lo spessore vocale del basso – baritono Ziyan Atfeh nel ruolo del Marchese di Calatrava, padre di Leonora.
    Le coreografie di Gheorghe Iancu sono pi acrobazie che balletti.
    Movimenti coreografici di massa e mimici di Roberto Maria Pizzuto.
    Pier Luigi Pizzi ha presentato bei costumi non depoca, scene generiche con un crocifisso nero onnnipresente, una regia piatta che non scava nella psicologia dei personaggi: tutto dj vu e piuttosto noioso.
    Non c neanche la sospensione emotiva delle grandi scene corali, tutto lento e dilatato e tutti arrivano dai lati e sfilano lentamente come in tutte le opere che Pizzi ha fatto allo Sferisterio.
    Piuttosto piatta e senza colori anche la direzione orchestrale di Daniele Callegari.
    Se avessi saputo prima di essere relegata al palco 17 del secondo ordine, dove alcune voci non arrivavano se i cantanti erano girati dallaltra parte, avrei fatto come nell800: mi sarei portata la cena in palco, tanto non cera niente da vedere.

  5. Delle tre opere di Pizzi ho perso Faust causa pioggia, mi piaciuta I Lombardi e non mi piaciuta La Forza.

    I Lombardi vincono la prima crociata
    Sferisterio 30 luglio 2010

    Un cast prestigioso ha determinato la vittoria dei Lombardi approdati per la prima volta a Macerata: Michele Pertusi nella figura bifronte di Pagano, fratello di Arvino e padre di Giselda, Francesco Meli nel ruolo di Oronte, figlio di Acciano tiranno di Antiochia e Dimitra Theodossiou in quello di Giselda, la bella cristiana prigioniera figlia di Arvino e amata da Oronte.
    I due amanti danno vita ad appassionati duetti tra lirruenza degli inni bellicosi e gli intrighi delle congiure, Meli con voce sicura ed eroica in grado di piegarsi a timbri suadenti, a melodie di trasparente morbidezza, a sensibili mezzevoci con cura del fraseggio e dellaccento, la Theodossiou con passionale irruenza espressa con intensit daccento e vocalit prorompente negli slanci acuti, che sfuma in filati dolcissimi, in entrambi colpisce lestensione e la tenuta del suono oltre che la bellezza del timbro vocale. Pertusi si impone per lautorevolezza e la pacatezza della sua figura, ma soprattutto per il velluto della voce, che si fatta ancor pi rotonda e accattivante, grazie ad una tecnica sicura di giusta proiezione del suono e di morbidezza demissione. Tutti e tre, nella scena della morte di Oronte, sono uniti in un trio vocale di rara suggestione con violino obbligato, suonato da Michelangelo Mazza, primo violino del Regio di Parma, che accompagna in palcoscenico anche la bravissima ballerina solista Anbeta Toromani.
    Hanno soddisfatto anche le prestazioni degli altri cantanti: il buon tenore Alessandro Liberatore nel ruolo del battagliero Arvino fratello di Pagano, il bel soprano lirico Alexandra Zabala (Viclinda, moglie di Arvino), il bravo basso Andrea Mastroni (Pirro, scudiero di Pagano), il tenore Enrico Cossutta (priore della citt di Milano), il basso/baritono Luca DallAmico (Acciano, tiranno di Antiochia e padre di Oronte), il mezzosoprano Annunziata Vestri (Sofia, madre di Oronte).
    E poi c lottimo Coro Bellini, arricchito di bravi coristi del Teatro Regio di Parma, che contribuisce a dipingere grandi affreschi, nota lattenzione di Verdi alla coralit, e d spessore e suggestione ai momenti pi salienti dellopera, come il celebre Coro di Crociati e Pellegrini O Signore dal tetto nato, intonato sulle acque del Siloe.
    La direzione di Daniele Callegari entra in quel concentrato di forza che il linguaggio musicale verdiano con tempi serrati e scattanti per mantenere alta la tensione drammatica.
    Pregevoli i costumi, in un bellissimo contrasto cromatico tra musulmani e crociati, disegnati da Pier Luigi Pizzi, che per lallestimento ha valorizzato lausterit naturale dello Sferisterio, con elementi scenici essenziali (una scala e una piattaforma circolare girevole al centro), dominati da un grande crocifisso e creando riflessi dacqua sul muro di fondo con i giochi di luci di Sergio Rossi, acqua riversata nelle vasche laterali, a simular la piscina di Siloe, dove i cristiani hanno immerso i piedi.

    Non sempre il destino d la Forzadi sopportare.
    (Sferisterio 8 agosto 2010)

    Giuseppe Verdi nelle lettere inviate il 1 marzo 1869 da Genova allamico senatore Pirolli e allArrivabene, per comunicare il buon esito de La Forza del destino, andata in scena alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869 col tenore Mario Tiberini e il soprano Teresa Stolz, definisce la Stolz e Tiberini superbi e nella lettera scritta il 2 marzo alleditore francese li definisce sublimi.
    Allo Sferisterio di Macerata, invece, nessun artista pu essere definito tale e le recite de La Forza non hanno goduto della soddisfazione del pubblico.
    Il tenore Zoran Todorovich porge bene, pur con qualche portamento, ma non ammalia come Don Alvaro, un ruolo terribile per la voce tenorile specialmente nella seconda parte dove il canto pi teso e quasi furioso, e non certo una voce leggera e opaca, di timbro poco accattivante, che fatica nelle proiezioni acute e nelle ampie arcate melodiche, a render giustizia al canto, allespressivit dellaccento e allazione drammatica. Dovera leroe baldanzoso e fiero, capace di grandi slanci? Fabio Armiliato quanto ci sei mancato!
    Decisamente positiva, invece, stata la prova del soprano venticinquenne Teresa Romano nellaltrettanto difficile ruolo di Leonora: linterpretazione stata intensa, lespressivit fantastica, la linea di canto morbida, con ottima proiezione della bella voce e magistrale uso dei pianissimi (toccante lattacco in pianissimo della Vergine degli angeli preceduta dal coro a mezza voce).
    Bravo il baritono Marco Di Felice nel ruolo di Don Carlo, che ha esibito bel corpo vocale, buona estensione belle progressioni acute e tenuta del fiato. Bello il duettino col tenore ferito.
    Roberto Scandiuzzi ha tutti i numeri per essere un buon Padre Guardiano: autorevole nella voce e nella figura, usa con morbidezza una cavernosa voce di basso, ferma pi nei gravi che negli acuti.
    Il basso Paolo Pecchioli canta bene, ma sia vocalmente che scenicamente non uscito il carattere di Melitone, che risultato scialbo, poco caratterizzato e con poco spessore vocale. Ancor meno adatta al ruolo di Preziosilla, il mezzosoprano Anna Maria Chiuri, che canta abbastanza bene ma ha voce chiara e leggera e a volte traballante in acuto, la voce manca di corpo e di spessore, linterpretazione non ha mordente e del virtuosismo del Rataplan si sentito solo qualche strilletto.
    Medio lo spessore vocale del basso – baritono Ziyan Atfeh nel ruolo del Marchese di Calatrava, padre di Leonora.
    Le coreografie di Gheorghe Iancu sono pi acrobazie che balletti.
    Movimenti coreografici di massa e mimici di Roberto Maria Pizzuto.
    Pier Luigi Pizzi ha presentato bei costumi non depoca, scene generiche con un crocifisso nero onnnipresente, una regia piatta che non scava nella psicologia dei personaggi: tutto dj vu e piuttosto noioso.
    Non c neanche la sospensione emotiva delle grandi scene corali, tutto lento e dilatato e tutti arrivano dai lati e sfilano lentamente come in tutte le opere che Pizzi ha fatto allo Sferisterio.
    Piuttosto piatta e senza colori anche la direzione orchestrale di Daniele Callegari.
    Se avessi saputo prima di essere relegata al palco 17 del secondo ordine, dove alcune voci non arrivavano se i cantanti erano girati dallaltra parte, avrei fatto come nell800: mi sarei portata la cena in palco, tanto non cera niente da vedere.

  6. I Lombardi infiammano lo Sferisterio di Macerata.

    E ispirata alla Histoire des croisades di Joseph-Francois Michaud, da cui trasse linfa lintricato poema epico di Tommaso Grossi che Temistocle Solera fece suo per I Lombardi alla prima crociata, lopera del giovane Verdi oggi per la prima volta alla ribalta dello Sferisterio di Macerata.
    La complessa vicenda verdiana articolata su due filoni narrativi sovrapposti, da un lato la redenzione di Pagano e dallaltro lo sfortunato amore fra Oronte e Giselda, che in realt creano due finali
    dopera consecutivi, gode delle raffinatezze stilistiche di Pier Luigi Pizzi il quale, sfruttando la colossale parete muraria dello Sferisterio, punta sulla sobriet di una pedana lignea con camminamenti orizzontali e scivoli su cui i movimenti coreografici di Gheorghe Jancu e di Roberto Maria Pizzuto creano un bellissimo effetto teatrale delle masse corali unitamente alla magia delle luci di Sergio Rossi, artefice di un gioco dacqua vissuto sulle note del celebrato O Signore dal tetto nato, segnando unatmosfera ricca di suggestioni emotive di raro pregio. Di questopera corale, riesumata da Verdi nel successivo grand-opra francese Jerusalem datato 1847, vive un concentrato di verdianit scandito sul ritmo pulsante delle vicende belliche che percorrono tutto il tessuto musicale e su alcune pagine di straordinaria bellezza, prima fra tutte quel singolare concerto per violino che apre il terzetto Qual volutt trascorrere raccontato da Michelangelo Mazza, primo violino del Regio di Parma, splendido nellesecuzione che lo accompagna alla bravissima ballerina solista Anbeta Toromani; e ancora la melodica trasfigurazione della morte di Oronte in forma di trio vocale col violino, e la preghiera di Giselda Salve Maria orchestrata con un organico cameristico nellandamento melodico. La direzione di Daniele Callegari, forte di un suono ricco di prospettive e di coerenza stilistica, completa con la regia di Pizzi la tensione narrativa in una riflessiva stringatezza scenica di grande eleganza in cui la crocifissione dolente un punto di
    riferimento di tutto lo spettacolo. Splendido Oronte disegnato da Francesco Meli con timbro caldo e con colore omogeneo screziato da bellissime bruniture nel registro centrale, e animato da un fraseggio accurato che tocca abilmente le corde amorose ed estatiche nella grande aria del secondo atto, nel duetto con la Theodossiou fino allimpeto pi estroverso e alla trasparente morbidezza di In cielo benedetto. Michele Pertusi fa di Pagano uno dei personaggi a lui pi congeniali scolpendo con accento nobile e una vellutata pastosit quella complessit contradditoria riflessa nella drammaturgia verdiana e, scavando con grande acume teatrale nelle pieghe dei recitativi ricchi
    di straordinaria eloquenza, sottolinea laspetto ieratico dellEremita. Dimitra Theodossiou, inizialmente tesa negli acuti troppo stridenti, in corso dopera acquisisce sempre pi intensit e il suo canto duttile nellassecondare lintricato chiaroscuro espressivo sottolinea con accento trepido e commosso alcuni momenti di grande pregio e la cabaletta del quarto atto ne un grande esempio. Il cast schiera buoni interpreti anche nei ruoli minori: da Alessandro Liberatore nelle vesti di un Arvino rude e dal carattere guerresco, ad Enrico Cossutta, priore della citt di Milano,a Pirro interpretato da Andrea Mastroni; e ancora Luca DallAmico Acciano; Viclinda Alexandra Zabala;infine Annunziata Vestri Sofia. Ottima la prestazione del coro lirico marchigiano Bellini, supportato da preziosi elementi appartenenti ad altri enti lirici, che nella pagina pi celebre dei Lombardi O Signore dal tetto nato suggella uno dei momenti pi elevati dellopera
    sottolineando quel linguaggio musicale permeato di un ritmo eroico tanto caro al Verdi giovanile.

    Macerata, 9/08/2010.
    Claudia Mambelli.

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