Leggo il bellissimo articolo di Attilia Tartagni.
Finalmente questa penna, certamente la piu’ brillante tra le donne romagnole, ha deciso di non interessarsi solo di pittori, anche e ha empre scelto i bravissimi, ma anche di artisti del bel e del buon canto.
Era ora.
Sono certo che con la sua penna incuriosirà nuovo pubblico al teatro operistico.
Bravo Elio ad ospitarla.
Daniele
Un’altra cosa che è stata taciuta è il nome di colui che ha veramente scoperto Luciano Pavarotti. Si tratta del M° Livio Borri, maestro del coro di Modena, in cui cantavano Luciano e Fernando Pavarotti. Fu lui ad incitare Luciano a studiare ed è lui che l’ha introdotto in quella che fu poi la sua gloriosa carriera. Il M° Borri era originario di San Lorenzo in Campo, il paese che diede i natali al tenore Mario Tiberini, ma era domiciliato a Modena, dove fu organista della cattedrale e grande maestro della Corale di Modena. Con la sua corale tenne un concerto anche nel Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo (PU) e fu lì che io ebbi l’onore di conoscere Fernando Pavarotti, un uomo schivo e di grandi qualità. Più tardi conobbi anche Luciano, non solo a teatro, ma anche di persona. Più volte andai nella sua casa di Pesaro, dove conobbi anche Nicoletta e la sua bambina appena nata e fu lì che nel 2002 Luciano mi fece l’onore di apporre la sua dedica autografata al mio libro sul Teatro Tiberini, intitolato “Dal Teatro Trionfo al Teatro Mario Tiberini”, libro che è andato a ruba.
Giosetta Guerra
Nicoletta Mantovani ha colpito ancora.
Ad essere gentili lo special reclamizzatissimo su Luciano Pavarotti trasmesso ieri sera ( 1 gennaio 2010) in prima serata dalla RAI TV, è semplicemente scandaloso.
Un filmato che finge di raccontare la storia e l’arte di un grande tenore, ed invece è la reclame della sua seconda moglie e delle sue attività professionali come organizzatrice di eventi musicali.
Tra le altre cose due colpiscono in particolare chi ha “tallonato” Pavarotti dagli inizi di carriera in poi, come modenese, come amico, come professionista nello stesso teatro musicale.
In tutto lo special non viene citato il nome del M° Leone Magiera, pianista superlativo e direttore d’orchestra di Modena, intimo amico di Luciano che lo tenne sempre al suo fianco come insostituibile collaboratore, soprattutto dopo la morte del mitico M° Tonini della Scala, per rimediare a quel tallone d’Achille del quale il grande tenore era pienamente consapevole: la musicalità.
Magiera è stato il suo agelo custode e come tale co-protagonista e co-responsabile della sua carriera.
Ghettizzarlo in poche immagini è stata scelta voluta e quindi piu’ ancora vergognosa.
Una sola immagine e quindi silenzio totale per Adua Pavarotti, prima moglie di Luciano.
Adua Pavarotti è una grande donna.
La povera, non di danaro ma di tutto il resto, signora Mantovani deve sapere che chi ha creato Luciano Pavarotti è stata Adua. Lo ha fatto uomo, gli ha dato figlie che lui è stato in grado di amare, veder crescere, frequentare, gli ha costruito attorno un impero economico.
La “vera” storia di Luciano Pavarotti uomo e artista inizia con Adua e finisce con lei.
Da quando Luciano Pavarotti ha sfidato il tempo dei mortali e ha creduto di rifarsi una vita con l’ex segretaria o collaboratrice, ha smesso di essere un grande tenore lirico.
Da quel momento è stato il servo di un mondo musicale corrotto in cui inutilmente, e solo per il piacere fine a se stesso di qualche manciata di munuti, si è giocato a miscelare ogni genere musicale per costruire un mostro che, come tale, ha suscitato interesse, curiosità, partecipazione e tanti soldi.
Ma non ha portato una sola goccia d’acqua al piccolo mare – un tempo oceano – del teatro dell’opera.
La tv dovrebbe fare informazione, ma già sappiamo che la distorce e violenta secondo quello che ai vari burattinai di turno fa comodo dire.
Tanto la gente non sa.
Tanto la gente beve tutto dal piccolo schermo.
Così è stato loro servito, anche questa volta, su un piatto di rara porcellana con arabeschi d’oro e d’argento, un “falso” storico su Luciano Pavarotti.
Sarebbe bastato intervistare gli “allievi” che negli ultimi due anni della sua vita frequentavano casa sua , o gli amici ed ex colleghi i quali, superando faticosamente il cordone di controllo che la nuova moglie gli aveva creato attorno, quasi fosse un prigioniero, riuscirono ad avvicinarlo negli ultimi tempi della sua esistenza. Loro possono testimoniare la sua solitudine, l’abbandono in cui era lasciato da moglie e figlia che vivevano la propria vita non attorno a lui.
E così via, fino al funerale in Duomo, che Nicoletta Mantovani ha organizzato nei dettagli, distribuendo anche i posti degli ospiti affinchè gerarchie di denaro e di gloria artistica fossero rispettate, per mettersi a piangere solo a telecamere accese.
Daniele Rubboli
Direttore Laboratorio Lirico Europeo di Milano
Autore due volumi su Luciano Pavarotti… quando ancora era un tenore lirico.
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Leggo il bellissimo articolo di Attilia Tartagni.
Finalmente questa penna, certamente la piu’ brillante tra le donne romagnole, ha deciso di non interessarsi solo di pittori, anche e ha empre scelto i bravissimi, ma anche di artisti del bel e del buon canto.
Era ora.
Sono certo che con la sua penna incuriosirà nuovo pubblico al teatro operistico.
Bravo Elio ad ospitarla.
Daniele
Un’altra cosa che è stata taciuta è il nome di colui che ha veramente scoperto Luciano Pavarotti. Si tratta del M° Livio Borri, maestro del coro di Modena, in cui cantavano Luciano e Fernando Pavarotti. Fu lui ad incitare Luciano a studiare ed è lui che l’ha introdotto in quella che fu poi la sua gloriosa carriera. Il M° Borri era originario di San Lorenzo in Campo, il paese che diede i natali al tenore Mario Tiberini, ma era domiciliato a Modena, dove fu organista della cattedrale e grande maestro della Corale di Modena. Con la sua corale tenne un concerto anche nel Teatro Tiberini di San Lorenzo in Campo (PU) e fu lì che io ebbi l’onore di conoscere Fernando Pavarotti, un uomo schivo e di grandi qualità. Più tardi conobbi anche Luciano, non solo a teatro, ma anche di persona. Più volte andai nella sua casa di Pesaro, dove conobbi anche Nicoletta e la sua bambina appena nata e fu lì che nel 2002 Luciano mi fece l’onore di apporre la sua dedica autografata al mio libro sul Teatro Tiberini, intitolato “Dal Teatro Trionfo al Teatro Mario Tiberini”, libro che è andato a ruba.
Giosetta Guerra
Nicoletta Mantovani ha colpito ancora.
Ad essere gentili lo special reclamizzatissimo su Luciano Pavarotti trasmesso ieri sera ( 1 gennaio 2010) in prima serata dalla RAI TV, è semplicemente scandaloso.
Un filmato che finge di raccontare la storia e l’arte di un grande tenore, ed invece è la reclame della sua seconda moglie e delle sue attività professionali come organizzatrice di eventi musicali.
Tra le altre cose due colpiscono in particolare chi ha “tallonato” Pavarotti dagli inizi di carriera in poi, come modenese, come amico, come professionista nello stesso teatro musicale.
In tutto lo special non viene citato il nome del M° Leone Magiera, pianista superlativo e direttore d’orchestra di Modena, intimo amico di Luciano che lo tenne sempre al suo fianco come insostituibile collaboratore, soprattutto dopo la morte del mitico M° Tonini della Scala, per rimediare a quel tallone d’Achille del quale il grande tenore era pienamente consapevole: la musicalità.
Magiera è stato il suo agelo custode e come tale co-protagonista e co-responsabile della sua carriera.
Ghettizzarlo in poche immagini è stata scelta voluta e quindi piu’ ancora vergognosa.
Una sola immagine e quindi silenzio totale per Adua Pavarotti, prima moglie di Luciano.
Adua Pavarotti è una grande donna.
La povera, non di danaro ma di tutto il resto, signora Mantovani deve sapere che chi ha creato Luciano Pavarotti è stata Adua. Lo ha fatto uomo, gli ha dato figlie che lui è stato in grado di amare, veder crescere, frequentare, gli ha costruito attorno un impero economico.
La “vera” storia di Luciano Pavarotti uomo e artista inizia con Adua e finisce con lei.
Da quando Luciano Pavarotti ha sfidato il tempo dei mortali e ha creduto di rifarsi una vita con l’ex segretaria o collaboratrice, ha smesso di essere un grande tenore lirico.
Da quel momento è stato il servo di un mondo musicale corrotto in cui inutilmente, e solo per il piacere fine a se stesso di qualche manciata di munuti, si è giocato a miscelare ogni genere musicale per costruire un mostro che, come tale, ha suscitato interesse, curiosità, partecipazione e tanti soldi.
Ma non ha portato una sola goccia d’acqua al piccolo mare – un tempo oceano – del teatro dell’opera.
La tv dovrebbe fare informazione, ma già sappiamo che la distorce e violenta secondo quello che ai vari burattinai di turno fa comodo dire.
Tanto la gente non sa.
Tanto la gente beve tutto dal piccolo schermo.
Così è stato loro servito, anche questa volta, su un piatto di rara porcellana con arabeschi d’oro e d’argento, un “falso” storico su Luciano Pavarotti.
Sarebbe bastato intervistare gli “allievi” che negli ultimi due anni della sua vita frequentavano casa sua , o gli amici ed ex colleghi i quali, superando faticosamente il cordone di controllo che la nuova moglie gli aveva creato attorno, quasi fosse un prigioniero, riuscirono ad avvicinarlo negli ultimi tempi della sua esistenza. Loro possono testimoniare la sua solitudine, l’abbandono in cui era lasciato da moglie e figlia che vivevano la propria vita non attorno a lui.
E così via, fino al funerale in Duomo, che Nicoletta Mantovani ha organizzato nei dettagli, distribuendo anche i posti degli ospiti affinchè gerarchie di denaro e di gloria artistica fossero rispettate, per mettersi a piangere solo a telecamere accese.
Daniele Rubboli
Direttore Laboratorio Lirico Europeo di Milano
Autore due volumi su Luciano Pavarotti… quando ancora era un tenore lirico.