Die Panne

Posted by on January 26, 2010

2 thoughts on “Die Panne

  1. Una Grande Abbuffata condita ancor più di nero e speziata dalle maledizioni dei divini sensi di colpa calvinisti. Trent’anni fa: il cognome è lo stesso, la capacità di recitare no. Fra Ugo e Gianmarco Tognazzi, un abisso si apre: fosco e ineluttabile come il novanta per cento dei rapporti fra Padri Famosi e Figli Inadeguati dei Padri Famosi.
    Gianmarco urla, strepita, si taglia a fettine la sua affettazione; per il risultato: 0 spaccato.
    Dal 26 gennaio, alle ore 20.45, presso il Teatro Eliseo di Roma, Gian Marco Tognazzi e Bruno Armando portano in scena “Die Panne ovvero La notte più bella della mia vita” di Friedrich Dürrenmatt, un adattamento di Edoardo Erba di cui firma la regia Armando Pugliese. Nel cast, Giovanni Argante, Franz Cantalupo e Lidya Giordano, con la partecipazione straordinaria di Lombardo Fornara. Scene di Andrea Taddei, costumi di Silvia Polidori, luci di Angelo Ugazzi.

    Un banale incidente, l’automobile in panne, costringe Alfredo Traps – rappresentante di tessuti- ad una sosta indesiderata. Cercando aiuto trova ospitalità a casa di un vecchio giudice in compagnia di due amici, un pubblico ministero e un avvocato in pensione che gli spiegano, con l’intento di coinvolgerlo, il loro unico passatempo: ricelebrare alcuni importanti processi storici come quello a Socrate, a Gesù e a Federico di Prussia. Tra una bottiglia di vino e l’altra, Traps si ritrova imputato in un vero e proprio processo e, in un’atmosfera sempre più inquietante, il gioco si fa realtà: il protagonista parla, si confessa, la sua vita mediocre sembra acquistare improvvisamente risvolti inaspettati; si scopre che Traps ha effettivamente compiuto un delitto divenendo l’amante della giovane moglie del suo principale che, avvertito anonimamente dell’accaduto dallo stesso Traps, è morto a causa di un infarto. Il delitto di Traps è il frutto di una mente assolutamente innocente e inconsapevole; la sua cattiveria è originaria e, come tale, esente da sensi di colpa, ma quando qualcuno interviene per fargli notare il delitto commesso, il ricordo doloroso riemerge dalle nebbie di un passato neppure così tanto remoto. Raccontando ai suoi ospiti le vicende della propria vita e rivelando il mistero del suo successo economico, Traps si trova di fronte alla prova della sua colpevolezza e si autoinfligge la condanna a morte che i commensali gli sanzionano per gioco. Per Dürrenmatt, quindi, siamo tutti colpevoli: il racconto ne è soltanto la dimostrazione attraverso il paradosso.
    Lo spettacolo è diviso in due atti di 50 min. Alla fine, sono 2 ore piene, compresi i 20 minuti di intervallo.
    Il pensiero di Edoardo Erba, curatore dell’adattamento scenico: “Se non l’avete ancora fatto, vale la pena che lo leggiate. La Panne è uno dei più bei racconti del Novecento europeo. Una trentina di pagine scritte con stile pulito, diretto, pochi fronzoli. Il solco è quello di Kafka, ma dove il maestro era espressionista, Dürrenmatt è quotidiano, come l’italiano Buzzati. Alfredo Traps, il venditore che ha fatto carriera, non è il misterioso K., è un nostro compagno di scuola, un vicino di casa, l’amico che magari abbiamo perso per strada. E la sala dove si svolge la vicenda non è all’interno di un fantomatico castello, ma in una bella villa svizzera, che ci immaginiamo calda, odorosa e arredata con mobili di buon legno. È qui che Alfredo Traps incontra i tre vecchi giuristi, il boia Pilet e la stupenda Simone. È qui dove una serata di bagordi ad alto tasso alcolico diventa un processo alla sua vita, in una virulenta emersione di contenuti inconsci e rimossi. La catarsi di Alfredo illuminato non è la liberazione dalla colpa, ma l’espiazione. Almeno nel racconto. Perché – e qui è interessante aprire una parentesi – il successo della novella e la sua naturale teatralità , spinse Dürrenmatt a riscriverla in diverse versioni drammatiche: un radiodramma trasmesso dalla radio Svizzera e un dramma per il palcoscenico. Le tre versioni sono abbastanza simili per quanto riguarda le premesse e lo sviluppo del processo. Ma ciascuna ha un finale diverso. Nella novella Traps, condannato a morte dalla corte dei tre vecchietti, si impicca. Nel radiodramma invece si risveglia la mattina dopo, prende la sua Jaguar ben riparata da un meccanico del paese, e riparte per il consueto giro di vendita. Nella versione teatrale di nuovo si ammazza, ma non in seguito a un giudizio perentorio, bensì dopo essere stato lasciato libero di scegliere la sua sorte da una sentenza speculare di assoluzione e condanna. Il mio adattamento ha come base il radiodramma, che a mio avviso ha un’agilità teatrale e una fedeltà alla novella che la versione teatrale ha un po’ smarrito, ed è quindi più fresco, più vitale. Ma ho ritenuto che l’eliminazione del suicidio finale tradisca un po’ lo spirito calvinista del racconto. Mi sono immaginato sia derivata più da una censura della Radio Svizzera che da una convinta volontà dell’autore. Perciò il finale è di nuovo quello della novella. Dalla versione teatrale ho preso i divertentissimi brindisi, il tormentone di Pilet (Ottimo!), l’espansione del personaggio di Simone (che Dürrenmatt in teatro chiama Justine) e un accenno al doppio giudizio nel finale, che rende il protagonista più reattivo e meno succube degli eventi. Originale invece è il menu, che ho riscritto su suggerimento dell’amico Luciano Ravasio, esperto di cucina internazionale. Della Panne forse ricorderete anche un film di Ettore Scola, con Sordi protagonista. Si intitolava: La più bella serata della mia vita. Scola aveva nazionalizzato il personaggio, accentuandone gli aspetti comici. Ma rifiutando il calvinismo di Dürrenmatt, aveva fatto morire il protagonista per una seconda panne, più insidiosa, all’automobile che da Jaguar si era italianizzata in Maserati. Interessante di questa versione soprattutto il titolo che riprende una battuta finale del giudice, dopo che Traps si è impiccato, emblematica dell’umorismo nero di Dürrenmatt: che peccato! Ci ha rovinato la notte più bella della nostra vita. Battuta che abbiamo usato, nella traduzione originale, nel nostro sottotitolo”.

    Il red carpet dell’Eliseo pullula di vip, per la prima nazionale del 26: le prime tre fila sono occupate dal magnate cinematografico e patron del Napoli Calcio Aurelio De Laurentiis, da Christian De Sica (altro caso emblematico di inadeguatezza filiale…), Roberto Ciufoli, Ricky Tognazzi (e tre…), veline velette soubrette caccolette calcolette varie, e davvero molti, ma molti altri.
    Peccato che il tasso di genialità artistica non fosse pervenuto, la sera del 26 all’Eliseo.

    FEDERICO LIGOTTI

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