Roberto Devereux

Posted by on April 4, 2022

Direttore Roberto Abbado Regia Alessandro Talevi Assistente alla regia e azioni mimiche Anna Maria Bruzzese Scene e costumi Madeleine Boyd Luci Matt Haskins riprese da Teresa Nagel Allestimento della Welsh National Opera Ideazione e coordinamento televisivo Gery Palazzotto Regia televisiva Antonio Di Giovanni Elisabetta Yolanda Auyanet Sara Vasilisa Berzhanskaya Roberto Devereux John Osborn Nottingham Davide

Direttore Roberto Abbado

Regia Alessandro Talevi
Assistente alla regia e azioni mimiche Anna Maria Bruzzese
Scene e costumi Madeleine Boyd
Luci Matt Haskins
riprese da Teresa Nagel

Allestimento della Welsh National Opera

Ideazione e coordinamento televisivo Gery Palazzotto
Regia televisiva Antonio Di Giovanni

Elisabetta Yolanda Auyanet
Sara Vasilisa Berzhanskaya
Roberto Devereux John Osborn
Nottingham Davide Luciano
Lord Cecil Carmine Riccio
Gualtiero Ugo Guagliardo
Un paggio Federico Cucinotta
Un famigliare di Nottingham Antonio Corbisiero

Orchestra e Coro del Teatro Massimo
Maestro del Coro Ciro Visco

https://www.raiplay.it/video/2020/10/Opera—Roberto-Devereux-ba9a6386-547d-4805-817f-3f446e31e283.html

https://my.mail.ru/list/romankova.larisa/video/_myvideo/1502.html

Carlo Felice 2016
Genova

 Mariella Devia, Sonia Ganassi, Stefan Pop, Mansoo Kim, Alessandro Fantoni

Conductor Francesco Lanzillotta
Orchestra del Teatro Carlo Felice
Coro del Teatro Carlo Felice
Regia Alfonso Antoniozzi
Stage Designer Monica Manganelli
Costume Designer Gianluca Falaschi
Lightning Designer Luciano Novelli

https://metoperafree.brightcove-services.com/?videoId=6240748025001

https://metoperafree.brightcove-services.com/?videoId=6195394661001

https://ok.ru/video/996051126901

Met 2016

Conductor
Maurizio Benini

Regia
Sir David McVicar

Set designer
Sir David McVicar

Costume designer
Moritz Junge

Lighting designer
Paule Constable

Choreographer
Leah Hausman

Sarah (Sara), Duchess of Nottingham
Elīna Garanča

Queen Elizabeth (Elisabetta)
Sondra Radvanovsky

Lord Cecil
Brian Downen

A page
Yohan Yi

Sir Walter (Gualtiero) Raleigh
Christopher Job

Robert (Roberto) Devereux, earl of Essex
Matthew Polenzani

Duke of Nottingham
Mariusz Kwiecien

A servant of Nottingham
Paul Corona

Elisabetta Mariella Devia
Conductor  Francesco Lanzillotta

Orchestra Novaya Russiya

 

3 thoughts on “Roberto Devereux

  1. Il mito di Mariella rivive nel “Roberto Devereux” di Parma.
    Un applauso scrosciante che rasenta quasi un tifo da stadio, mi si perdoni il paragone irriverente, accoglie l’ultima scena in cui Elisabetta, oppressa dal peso insopportabile del suo immenso potere e affranta per la morte ,voluta da lei stessa, dell’uomo che aveva amato di un innamoramento unilaterale carico di infondata gelosia, si toglie la maschera di regnante e si mostra per quello che è
    spoglia di tutti gli ornamenti e gli orpelli, i capelli sciolti disordinatamente sulle spalle, umana e finalmente donna. E il pubblico di Parma affascinato scoppia in un applauso irrefrenabile che emoziona e che costringe tutti a guardarci dolorosamente dentro ed essere noi stessi. Così Mariella Devìa, mitica interprete di Elisabetta nel “Roberto Devereux” in scena al Teatro Regio di Parma, assorbe su di sé tutte le funzioni drammaturgiche del capolavoro donizettiano lasciando agi altri personaggi il ruolo di inconsapevoli ingranaggi del destino che gravitano intorno a lei come satelliti.
    In realtà quest’opera, che fu accolta trionfalmente a Parma nell’unica edizione del 1840 quando regnava ancora Maria Luigia d’Austria, predilige le pagine d’insieme, i duetti nel primo atto fra la regina e Devereux, poi fra Devereux e Sara e ancora fra Nottingham e Sara e soprattutto la bellissima introduzione corale del secondo atto e del terzetto che lo conclude nel creare quel pathos
    emotivo, anziché le arie dei singoli personaggi. Non è facile “Roberto Devereux da affrontare perché è puro belcanto e richiede un quartetto di grande livello per cogliere la bellezza e l’importanza dei recitativi, oltre al canto, perché il teatro di Donizetti è passione ma anche attenzione alla realtà delle emozioni. E le emozioni la Signora Devìa le racconta facendoci vibrare per l’ampiezza della frase ancora magnifica nella sua bellissima maturità, per la morbidezza dei
    cantabili dove un legato magistrale nei pianissimi, dipanati in un gioco di estrema raffinatezza, si traducono in una gamma coloristica che dalla malinconia sfuma nella disperazione sublimata su cui imposta uno strepitoso “Vivi ingrato”. Una tecnica eccellente le favorisce una nitidezza smaltata del suono e nella nobiltà dei recitativi privilegia la donna e non la regina, evidenziando il dolore della rinuncia e della solitudine, anziché la regalità offesa. Le è accanto Sonia Ganassi, musicalissima Sara, molto curata nell’emissione ben timbrata e nella proprietà d’accento, che fraseggia con intelligenza e nei passaggi esprime una dolente incisività suggestiva e moderna, tutti elementi che le consentono un lungo affettuoso applauso al termine della recita. Anche Stefan Pop, deludente nella veste del duca di Mantova nel recente “Rigoletto” di Parma, è un Roberto che esprime una freschezza e una ricchezza del colore timbrico dove sottolinea una venata malinconia dolorante, vibrante di emozioni nel duetto con Sara, complice una Ganassi eccellente. Bravo anche Sergio Vitale nel disegnare un Nottingham credibile nella fierezza e nell’implacabilità vendicativa. Una pagina di rara bellezza la racconta il magnifico coro del Regio diretto magistralmente da Martino Faggiani; come pure la direzione di Sebastiano Rolli sull’orchestra dell’Opera Italiana si fa apprezzare per la notevole incisività con un’ottima scelta dei tempi nella complessa Sinfonia in cui sono diversificati i temi fra cui l’inconfondibile Inno inglese, valorizzando il belcantismo donizettiano. Completano il cast Ugo Guagliardo, Matteo Mezzaro, Andrea Goglio e Daniele Cusari. La produzione del Regio di Parma e della Fenice di Venezia, con l’allestimento del Carlo Felice di Genova, fa parte del progetto denominato “Tre regine per una scena” e porta la firma di Alfonso Antoniozzi sensibile a una coerenza operistica nel sottolineare il concetto di teatro nel teatro scandito dalle prospettive gotiche di Monica Manganelli. I sontuosi costumi in stile elisabettiano di Luca Falaschi sono significativi anche da un punto di vista drammaturgico; ne è un esempio il regale manto dell’abito di Elisabetta che riproduce l’espressione geografica dell’Inghilterra e dell’Europa su cui gravitano i pensieri pesanti di una regina che recita il copione assegnatole dalla vita in una corte dove tutto è teatro e dove le parole sonno soppesate, dove le interpretazioni non sono mai palesi e dove nessuno, dolorosamente, è mai se stesso.

    Parma, 25 marzo 2018
    Claudia Mambelli.

  2. Riproposto lo spettacolo del 1988 con le scene ed i costumi di David Walker
    Al Teatro dell’Opera, dopo 22 anni, torna con successo Roberto Devereux
    Una recita soddisfacente merito di una interessante ed omogenea compagnia di canto

    E’ tornato al Teatro dell’Opera di Roma ‘Roberto Devereux’, l’opera di Gaetano Donizetti che mancava dalle scene del teatro romano dal 1988. E’ stato un ritorno molto apprezzato dal pubblico che convenuto numeroso ad ascoltare questa perla del melodramma italiano.

    Per l’occasione stato utilizzato proprio l’allestimento di 22 anni fa, prodotto dal Teatro dell’Opera di Roma. allora affidato a David Walker, che disegn scene e costumi per un allestimento scenico del tutto tradizionale, molto rispettoso dell’ambientazione, di fascino ed effetto che ancora oggi, dopo tutti questi anni risulta ancora piacevole e valido. Per quanto riguarda la regia stata affidata a Joseph Franconi Lee, un collaboratore di Alberto Fassini l’artista che cur la regia nel 1988, riprodotta in maniera del tutto soddisfacente consentendole di conservare l’impronta generale del suo creatore.

    Una piacevole sorpresa stata la compagnia di canto, molto equilibrata nelle sue componenti, con artisti che hanno ben interpretato le loro parti. Ci riferiamo alla recita del 5 ottobre che vedeva nella difficilissima parte di Elisabetta il soprano Virna Sforza, cantante dotata di una buona linea di canto, molto espressiva nei recitativi ed a perfetto agio con la straordinaria melodia e cantabilit donizettiana. Le manca, forse, un po’ di smalto nella tessitura acuta pur essendo molto efficace nelle note gravi per una resa vocale soddisfacente. E’ una cantante ancora giovane, se, nel futuro, riuscir ad avere degli acuti pi robusti assieme ad un maggiore temperamento, potr fornire delle prove di grande prestigio.

    Alberto Gazale stato un Duca di Nottingham, molto intenso che ha esibito un fraseggio ‘nobile’ molto appropriato al personaggio interpretato accompagnato da una voce calda, potente e sicura, adatta a ruoli di questo spessore vocale. La parte di Sara stata affidata a Sonia Ganassi, cantante che ha messo a disposizione per la riuscita della recita tutta la sua esperienza di canto che l’ha posta, spesso, ai vertici del teatro lirico, esibendo anche questa volta una vocalit sicura ed espressiva.

    Nel ruolo del titolo il tenore Gianluca Terranova ha fornito una prova molto convincente, applaudito vivamente al termine dello spettacolo soprattutto per la sua voce fresca ma, anche, potente ed affascinante, come si dice in gergo una voce che ‘corre’, che gli ha permesso di superare agevolmente le difficolt della tessitura che Donizetti ha imposto a questa parte restituendoci un Roberto a tutto tondo. Il resto della compagnia era composto da Bruno Lazzaretti (Lord Cecil), Ezio Maria Tisi (Sir Guglielmo Releight), Maurizio Cascianelli (Un paggio) e Francesco Lucciconi (Un familiare di Nottingham)

    Alla guida dell’Orchestra del Teatro dell’Opera c’era Bruno Campanella che per, a nostro parere, non ha fornito una prova molto convincente, con una direzione che ci sembrata troppo ‘avulsa’ dallo sviluppo drammatico dell’opera, rimanendo tale anche quando la partitura donizettiana prende quota come, nel secondo atto e nello straordinario finale . Gea Garatti Ansini ha condotto il Coro del Teatro dell’Opera a risultati apprezzabili.

    Come gi accennato la recita si conclusa con calorosi e convinti applausi per tutta la compagnia soprattutto per le quattro parti principali, ognuna delle quali ha avuto un lusinghiero successo personale.

    Claudio Listanti
    claudio.listanti@voceditalia.it
    7/10/2010

  3. 6 OTTOBRE 2010: UN DONIZETTI MEMORABILE A ROMA

    Questo Roberto Devereux al Teatro dellOpera di Roma dimostra come certi allestimenti tradizionali, che a qualcuno paiono scontati e polverosi, con le loro scenografie didascaliche, i costumi cinquecenteschi e i cambi di scena a sipario chiuso, possano in realt trasmettere ancor oggi agli spettatori lemozione dellopera lirica nella sua immediatezza, purch (come sicuramente ha saputo fare questo spettacolo, ideato da Alberto Fassini negli anni 80) sappiano mettere in luce con accorti movimenti i nuclei sentimentali della vicenda musicale.
    Pur nella disorganizzazione dellOpera della capitale (esauriti libretti e locandine; spettacolo anticipato alle 18, con conseguente sala mezza vuota e acustica che, specie nella sinfonia, un po ne risente), ci si trovati davanti ad una delle pi riuscite rappresentazioni donizettiane degli ultimi anni. La bacchetta di Campanella, ipercollaudata sulla partitura del Devereux, ha permesso alle emozioni di dispiegarsi, lasciando ai cantanti il loro dovuto primato e coordinando ogni dettaglio. Lesecuzione stata assolutamente integrale, per fortuna, giacch, con le voci che si avevano a disposizione, qualsiasi taglio (grave, peraltro, in qualsiasi circostanza) sarebbe stato un delitto.
    Il soprano Carmela Remigio ha fornito uninterpretazione insolita della figura di Elisabetta; interpretazione che nel primo atto ha lasciato un momento interdetti per la rappresentazione di una donna insicura, costretta in un ruolo che non sente proprio, mille miglia lontana dallimmagine tradizionale della regina volitiva. stato il seguito dello spettacolo a spiegare e far ammirare la profondit di questa interpretazione, poich Elisabetta s trasformata nella donna autoritaria che ci si immagina parallelamente alla sua presa di coscienza del fallimento delle speranze amorose, per tornare ad essere debole e vulnerabile quando, nel finale, si rende conto della vanit della vendetta che ha consumato, e cade in esaurimento nervoso. La Remigio quindi, al di l di ogni clich interpretativo, delinea una figura umana davvero compiuta. Chi fin dallinizio non ha lasciato dubbi circa il valore della performance stata Sonia Ganassi, nel ruolo di Sara; la quale nellaria desordio ha saputo calibrare la mezza voce mettendo a nudo il dolore represso della duchessa malmaritata, mentre nei duetti ha dato la giusta enfasi, mai esagerata, a ciascuna frase musicale.
    Il duca di Nottingham, interpretato dal baritono Alberto Gazale, stato delineato come figura essenzialmente buona, che solo il morso della gelosia fa apparentemente diventare crudele; il duetto con Sara, con la tenerezza mostrata nel cantabile quando gi il duca ha saputo dellamore che la moglie prova per Roberto, e lesplosione di rabbia nella stretta, viva rappresentazione del carattere delluomo. Parallelo, ed eccezionale quanto alleffetto teatrale, lo sviluppo del finale II, nel corso del quale Nottingham scopre la tresca: nel duetto con la regina, la voce calda di Gazale ed il suo accento accorato hanno illustrato il dolore dellamico afflitto, che si contrappone al dolore rabbioso di Elisabetta, che si sente tradita ed pronta ad assumere le vesti autoritarie della sovrana; nel successivo terzetto, dopo aver visto il dono che Sara ha fatto a Roberto, il duca si schiera umanamente e vocalmente a fianco dal lato della regina.
    Altrettanto valida e sfaccettata stata linterpretazione di Roberto offerta dal tenore Gianluca Terranova: da un lato schietto militare, dal timbro chiaro e squillante e dallemissione franca e sicura. Questo lato del carattere, imperante nei primi due atti (dove ha forse rischiato di lasciare un po in ombra i tormenti e le titubanze che il personaggio vive), cede il passo nellaria del carcere del terzo atto alla rappresentazione di una delicata sensibilit interiore, che si estrinseca attraverso le mezze voci del cantabile e della ripetizione della cabaletta. Qualche piccola defaillance, sempre aggiustata, e la necessit, qua e l, di maggiore rotondit, non hanno intaccato lemozione che Terranova, e come lui tutti gli interpreti della serata, ha saputo trasmettere agli spettatori con questo titolo donizettiano di grande forza drammaturgica che, dopo essere stato doverosamente riscoperto, fatica ancora a trovare nei cartelloni lo spazio che meriterebbe.

    Marco Leo

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