Il giardino dei ciliegi

Posted by on May 30, 2020

PROSA Giovedì 23, venerdì 24 e sabato 25 gennaio 2020 ore 21 Domenica 26 gennaio 2020 ore 16 Il giardino dei ciliegi di ANTON PAVLOVIČ ČECHOV drammaturgia, scene, suoni, luci, costumi, regia di ALESSANDRO SERRA con Arianna Aloi, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Marta Cortellazzo Wiel, Massimiliano Donato, Chiara Michelini, Felice Montervino, Fabio Monti, Massimiliano Poli, Valentina Sperlì, Bruno Stori, Petra Valentini consulenza linguistica di Valeria Bonazza e Donata Feroldi realizzazione scene: Laboratorio Scenotecnico Pesaro produzione Compagnia Umberto Orsini, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Teatro Stabile del Veneto, TPE-Teatro Piemonte Europa, Printemps des Comédiens (Montpellier) in

PROSA

Giovedì 23, venerdì 24 e sabato 25 gennaio 2020 ore 21

Domenica 26 gennaio 2020 ore 16
Il giardino dei ciliegi
di ANTON PAVLOVIČ ČECHOV

drammaturgia, scene, suoni, luci, costumi, regia di ALESSANDRO SERRA
con Arianna Aloi, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Marta Cortellazzo
Wiel,
Massimiliano Donato, Chiara Michelini, Felice Montervino, Fabio Monti,
Massimiliano Poli, Valentina Sperlì, Bruno Stori, Petra Valentini
consulenza linguistica di Valeria Bonazza e Donata Feroldi
realizzazione scene: Laboratorio Scenotecnico Pesaro

produzione Compagnia Umberto Orsini, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Teatro
Stabile del Veneto, TPE-Teatro Piemonte Europa, Printemps des Comédiens (Montpellier)
in co-produzione con Compagnia Teatropersona e Triennale Teatro dell’Arte di Milano

Il talentuoso, visionario regista ALESSANDRO SERRA si cimenta nella rivisitazione di un grande classico: Il giardino dei ciliegi di Čechov. Lo spettacolo, che ha debuttato lo scorso novembre a Cagliari e in poche settimane di tournée ha già raccolto l’entusiasmo della critica teatrale, andrà in scena al Teatro Diego Fabbri di Forlì da giovedì 23 a sabato 25 gennaio alle ore 21 e domenica 26 gennaio alle ore 16.
Oltre a firmare la regia, Alessandro Serra è anche autore della drammaturgia, delle scene, dei suoni, delle luci e dei costumi. Frutto di un’importante cordata produttiva che vede la sinergia di Compagnia Umberto Orsini, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Teatro Stabile del Veneto, TPE-Teatro Piemonte Europa e Printemps des Comédiens (Montpellier) con la collaborazione di Compagnia Teatropersona e Triennale Teatro dell’Arte di Milano, lo spettacolo è interpretato da Arianna Aloi, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Marta Cortellazzo Wiel, Massimiliano Donato, Chiara Michelini, Felice Montervino, Fabio Monti, Massimiliano Poli, Valentina Sperlì, Bruno Stori e Petra Valentini.

INCONTRI CON GLI ARTISTI AL RIDOTTO

Gli interpreti dello spettacolo incontreranno il pubblico sabato 25 gennaio alle ore 18 al Ridotto del Teatro Diego Fabbri. L’ingresso all’Incontro è gratuito fino a esaurimento posti.
Il giardino dei ciliegi si apre e si chiude in una stanza speciale, ancora oggi chiamata stanza dei bambini. Tra poco arriveranno i padroni, hanno viaggiato molto, vissuto e dissipato la loro vita.
Bambini invecchiati che tornano a casa. Tuttavia il sentimento che pervade l’opera non ha a che fare con la nostalgia o i rimpianti ma con qualcosa di indissolubilmente legato all’infanzia, come certi organi misteriosi che possiedono i bambini e che si atrofizzano in età adulta. L’incombere della scure sul giardino provoca un senso di dolore sconosciuto, un risvegliarsi di quegli organi non ancora del tutto spenti nella loro funzione vitale. Un dolore che non ha nome e che solo guardando negli occhi il bambino che siamo stati potrà placarsi. Non c’è trama, non accade nulla, tutto è nei personaggi. Una partitura per anime in cui i dialoghi sono monologhi interiori che si intrecciano e si attraversano. Un unico respiro, un’unica voce. Non vi è alcun tono elegiaco, è vita vera distillata: si dice, si agisce. Un valzerino allegro in una commedia intessuta di morte. Comicità garbata, mai esibita, perfetto contrappunto in un’opera spietata e poetica. I personaggi ridono e si commuovono spesso, il che non significa che si debba piangere davvero, è piuttosto uno stato d’animo, scrive Čechov in una lettera, che deve trasformarsi subito dopo in allegria. Velando di lacrime gli occhi dei suoi personaggi Čechov suggerisce la visione sfocata della realtà sensibile, una realtà spogliata dai contorni. Come i vetri delle vecchie case, opachi, deformi, pieni di impurità fornivano una versione estetica della vita oltre la finestra, così le lacrime agli occhi erodono le forme: gli oggetti e le persone sfumano l’uno nell’altro, i colori si sfaldano in mezzetinte, i lineamenti e le voci si disciolgono. Tanto che a un certo punto non si sa più chi è che parla, se una voce proveniente da un’altra stanza o noi stessi con le parole di un altro. La scrittura stessa agevola questo dissolversi
del centro e del focus: l’opera è cosparsa di piccoli impedimenti e fraintendimenti, anche linguistici, rotture sintattiche, pianti, canti, apnee, russamenti, borbottii e filastrocche, e poi i suoni. Tutto concorre a una partitura musicale che, scrive Mejerchol’d, è come una sinfonia di Čajkovskij.

(Alessandro Serra)

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